Hassan, affetto da epidermolisi bollosa, a sei anni viene sottoposto ad una terapia genica messa a punto dal Professor Michele De Luca del centro di medicina rigenerativa “Stefano Ferrari” Unimore di Modena. Nel 2017 inizia il follow up, cinque anni dopo, per il centro di eccellenza emiliano è pronta una nuova sfida che partirà nei primi mesi del 2022
Sono 500 mila i pazienti al mondo affetti da epidermolisi bollosa, più nota come la malattia dei bambini farfalla. Si tratta di una patologia genetica che comporta la formazione di continue lesioni bollose sulla pelle, dovute a piccoli traumi e minimi sfregamenti. La malattia può avere diverse espressioni, tra le forme più severe e rare la giunzionale e la distrofica.
Le conseguenze sono devastanti, impattano sulla qualità della vita dei piccoli pazienti fino a condurli, nelle forme più gravi, alla morte che sopraggiunge nei primi anni di vita. Un destino segnato a cui è sfuggito Hassan, giovane siriano affetto da una forma molto rara di epidermolisi bollosa giunzionale, trattato a Bochum, in Germania, grazie ad una terapia genica messa a punto dal professor Michele De Luca del centro di medicina rigenerativa “Stefano Ferrari” dell’Università Unimore di Modena e co-fondatore dello spin-off universitario Holostem Terapie Avanzate.
«Ci siamo trovati di fronte una situazione disperata – ricorda De Luca – era il 2015 e tutti i tentativi fatti in Germania per salvare la vita di Hassan erano falliti. La pelle era completamente staccata, il centro grandi ustionati aveva tentato con diverse terapie, ma tutte erano fallite. Per il bambino, tenuto in sedazione farmacologica per il dolore insopportabile, sembrava non esserci futuro. Ci hanno chiamato dalla Germania nel tentativo disperato di trovare una terapia genica in grado di salvargli la vita. Noi stavamo facendo una sperimentazione di fase 1 e 2 e ci siamo subito resi disponibili a collaborare».
È stata una corsa contro il tempo. I biotecnologi italiani ottengono l’autorizzazione dalla Germania per uso compassionevole e si adoperano per produrre la pelle necessaria per il trapianto, correggono l’errore genetico e poi la impiantano nel piccolo. «Abbiamo fatto una biopsia alla sua pelle, quindi abbiamo coltivato un metro quadrato di epidermide, corretto il gene e a quel punto quell’epidermide esprimeva la proteina che mancava – racconta -. Il trapianto ha funzionato e il bambino si è salvato».
Due anni dopo gli interventi, ha avuto inizio il follow up che prosegue da oltre cinque anni. «Il lavoro che stiamo facendo è molto importante – riprende De Luca che da trent’anni è impegnato nella ricerca -. Abbiamo studiato la pelle rigenerata e tutti i suoi parametri molecolari. Possiamo dire che dopo cinque anni non ha lesioni, è stabile, robusta, se il piccolo si ferisce, guarisce e tutti i parametri sono a posto. Poiché l’epidermide si rinnova circa ogni 1-2 mesi, dobbiamo pensare che la pelle di Hassan abbia superato dai 30 ai 60 cicli di rinnovamento mantenendo la propria integrità e funzionalità, senza manifestare alcuna lesione bollosa nelle aree trattate. In particolare, dopo diversi test clinici, cellulari e molecolari si è dimostrata l’adeguatezza di numerosi parametri, tra cui la ricostruzione del sistema immunitario della pelle, la presenza di una barriera cutanea e un adeguato livello di idratazione con la presenza di ghiandole sebacee e sudoripare. Non ci sono dunque problemi e eventi avversi».
Oggi Hassan ha 13 anni, vive in Germania con i genitori, entrambi portatori della mutazione, un fratello e una sorella che, a differenza sua, non hanno sviluppato la malattia. «Il ragazzo sta bene, va a scuola e fa sport come i suoi coetanei – spiega il professore – questo ci dà speranza per il futuro». Vinta una battaglia, il professor De Luca guarda avanti: «I risultati raggiunti indicano che siamo sulla strada giusta, nei prossimi mesi avvieremo una sperimentazione di fase 2 e 3 sulla giunzionale, intanto stiamo lavorando per sviluppare una piattaforma di terapia genica in modo da aggredire altre forme di epidermolisi bollosa, tra cui la distrofica. Il nostro è un lavoro di squadra – precisa -. A Modena si è creata una rete che si prende cura dei bambini farfalla attraverso il Policlinico. Questa è una malattia sistemica che impegna una equipe di medici, tra cui pediatri, chirurghi, oculisti, e oggi, anche grazie alla terapia genica e a ad un sistema di diagnosi precoce, messo a punto dall’università di Modena, al Policlinico è attivo un ambulatorio multidisciplinare che è diventato un punto di riferimento per i pazienti italiani».
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