Il Presidente dell’Istituto Mario Negri, in occasione della giornata a porte aperte, racconta i campi in cui stanno lavorando i suoi ricercatori: «Traumi, rene e arresto cardiaco, siamo pronti a procedere alla sperimentazione clinica»
Quattordicimila pubblicazioni scientifiche, 700 ricercatori, 10 dipartimenti e 50 laboratori: questi i numeri dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano che da 58 anni è un punto di riferimento della sanità italiana sotto la guida del suo fondatore il Professor Silvio Garattini, che nella giornata di porte aperte alla città ha lanciato un appello alle istituzioni.
«La cosa importante è che si rendano conto che la ricerca non è una spesa, ma un investimento e quindi facilitino la ricerca anziché renderla sempre più complicata e soggetta a vincoli burocratici». Parole dure che il fondatore dell’Istituto Mario Negri non risparmia all’indirizzo di una politica troppe volte assente. «Naturalmente abbiamo bisogno anche di maggiori risorse perché il nostro Paese ha la metà dei ricercatori della media dei Paesi europei – denuncia – e quindi siamo veramente a basso livello e soprattutto perdiamo molti dei nostri cervelli. Non solo, il Paese è molto poco reattivo, i nostri governi non amano la ricerca scientifica e non si rendono conto che senza ricerca non c’è progresso e soprattutto nel nostro campo c’è bisogno di ricerca per migliorare il Servizio sanitario nazionale».
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Da voi qual è oggi la ricerca più importante che potrebbe essere ad una svolta?
«Stiamo facendo una ricerca sull’arresto cardiaco, abbiamo trovato un gas nobile Argon che riesce a diminuire i danni celebrali indotti dall’arresto cardiaco. Abbiamo fatto molte ricerche sulle culture e sugli animali da esperimento e oggi siamo pronti ad andare in clinica. Un’altra area molto importante è quella che riguarda i traumi cranici, anche qui abbiamo modelli sperimentali e abbiamo visto che dei prodotti che vengono sviluppati dalle cellule staminali proteggono dai danni, non solo dai danni immediati, ma anche a lungo termine e anche qui siamo pronti con la ricerca clinica. Infine, c’è un progetto ambizioso che si svolge prevalentemente nella struttura di Bergamo che riguarda la possibilità di realizzare un rene umano dalle cellule staminali. È un programma che richiederà molti anni, ma ci appassiona perché potrebbe corrispondere alla grande necessità di organi che abbiamo oggi e che purtroppo non riusciamo a coprire solo con le donazioni».