Si torna a parlare di prescrizioni appropriate e riduzione di esami inutili a favore dello snellimento delle liste d’attesa per chi deve fare controlli importanti, Sanità Informazione ha deciso di realizzare una semplice e sintetica guida che consente di distinguere tra una ricetta e un’altra…
È quel documento essenziale grazie al quale un cittadino può prenotare visite specialistiche, esami diagnostici e può ritirare o acquistare i farmaci che richiedono una prescrizione medica. La ricetta, tuttavia, può avere letteralmente diverse forme e colori, in base alle quali cambiano anche regole e modalità di utilizzo. Non molto tempo fa era piuttosto semplice distinguere una ricetta da un’altra: da un lato c’erano le ricette rosse, compilate a mano dal medico di base o dal pediatra, e dall’altro la ricetta bianca, preparata dallo specialista privato. Era quindi facile sapere cosa avremmo dovuto fare dopo. Ora che i tipi di ricetta sono di più può capitare spesso di ritrovarsi un po’ confusi. Per questo, in un periodo in cui si torna a parlare di prescrizioni appropriate e riduzione di esami inutili a favore dello snellimento delle liste d’attesa per chi deve fare controlli importanti, Sanità Informazione ha deciso di realizzare una semplice e sintetica guida che consente di distinguere tra una ricetta e un’altra e, quindi, per comprendere meglio cosa si può o non si può fare con ogni singola prescrizione.
È la classica impegnativa alla quale siamo abituati ormai da molto anni. Solo alcuni medici sono autorizzati ad emetterla e sono: i medici di famiglia convenzionati con il SSN, i medici addetti alla continuità assistenziale pubblica, i pediatri di libera scelta convenzionati con il SSN, gli specialisti ambulatoriali interni e i medici dipendenti del SSN. Non possono prescrivere farmaci o prestazioni mediche sul ricettario rosa i medici che non siano dipendenti o convenzionati con il SSN. Il cittadini può presentare questo tipo di ricetta al farmacista o alla clinica, pubblica o privata e convenzionata con il SSN, per accedere all’oggetto della prescrizione pagando solo il ticket ed eventualmente un valore pari a quello del corrispondente farmaco generico. Questo però è possibile solo nella regione in cui è stata rilasciata l’impegnativa rossa, poiché il cosiddetto ricettario su cui viene scritta la prescrizione è fornito al medico dall’ASL territoriale, che si occupa quindi anche delle spese relative a quanto prescritto.
A differenza di quella rossa, la ricetta bianca può essere prescritta da qualsiasi medico chirurgo abilitato senza la necessità di una convenzione con il SSN. Questo è possibile perché ciò che viene prescritto con la ricetta bianca è completamente a carico del cittadino. Si tratta di: farmaci non coperti dalla sanità pubblica, ma il cui consumo senza prima un consulto medico può avere conseguenze negative sulla salute del paziente; esami e prestazioni di natura specialistica, che vengono giudicati non necessari per il cittadino, come dermatologia allergologica, genetica o odontoiatria.
La ricetta elettronica è un documento in formato digitale che va sostituire la ricetta rossa. Si tratta di un vero e proprio processo codificato con cui il medico comunica al SSN la prescrizione fatta e autorizza il cittadino ad accedere a farmaci o prestazioni. Anziché consegnare al paziente un foglio dal suo ricettario, il medico si collega al portale del SSN per via telematica; inserisce i dati del paziente e della prescrizione; genera l’NRE, il Numero di Ricetta Elettronica; stampa un promemoria cartaceo della prescrizione; consegna al paziente l’NRE e il promemoria. Grazie a questo processo, tutte le informazioni riguardanti la ricetta medica sono già riportate al SSN e registrate sulla Tessera Sanitaria dell’assistito, che deve semplicemente presentare l’NRE, il promemoria o la TS per permettere la verifica dell’autenticità della prescrizione. Inoltre, rispetto alla ricetta rossa, quella elettronica permette di accedere alla prescrizione al prezzo convenzionato con il SSN in qualsiasi regione e non solo in quella in cui è stata rilasciata.
Ampiamente utilizzata durante la pandemia, quando raggiungere il proprio medico fisicamente in ufficio era più complicato e pericoloso, l’invio della ricetta elettronica è stato prorogato di un anno, fino al 31 dicembre 2024. Lo prevede un emendamento al decreto Milleproroghe di M5s e approvato dalle commissioni Bilancio e Affari Costituzionali del Senato. «La commissione – spiega la firmataria, Mariolina Castellone – ha inoltre messo agli atti la richiesta che la misura diventi strutturale».
La ricetta ripetibile
In generale, le ricette possono essere utilizzate una sola volta secondo le modalità indicate dal medico. Esiste tuttavia la possibilità che il dottore renda la ricetta ripetibile, scrivendolo esplicitamente sulla sua prescrizione. Salvo che vengano fornite indicazioni diverse, una ricetta ripetibile può essere presentata fino a un massimo di 10 volte nell’arco di 6 mesi; fanno eccezione quelle riguardanti i farmaci stupefacenti, che vengono limitati a 3 volte in 30 giorni.
Questo tipo di prescrizione può essere eseguita solo da alcuni medici e in specifiche strutture. Sono autorizzati a emettere la ricetta limitativa solo i centri ospedalieri o gli specialisti, in relazione alla prescrizioni di tre categorie di farmaci: medicinali utilizzabili esclusivamente in ambiente ospedaliero, che riportano sulla confezione la dicitura «Uso riservato agli ospedali. Vietata la vendita al pubblico»;
medicinali vendibili al pubblico su prescrizione di centri ospedalieri o di specialisti. Sulla ricetta deve essere indicato il centro o lo specialista che ha elaborato la diagnosi, e può essere utilizzata solo una volta; medicinali utilizzabili esclusivamente dallo specialista in ambulatorio.
Questo tipo di impegnativa è richiesta nella prescrizione di sostanze stupefacenti o psicotrope sottoposte alla vigilanza e al controllo del ministero della Salute e di medicinali a base di tali sostanze. Si tratta di farmaci utilizzati nel trattamento della tossicodipendenza, nella terapia del dolore, nelle cure palliative. Si tratta della cosiddetta ricetta a ricalco, introdotta nel 2016 in sostituzione della precedente ricetta «a madre e figlia».
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