Il delegato all’Università di Viale Trastevere parla della riforma del test di accesso a Medicina: «La modalità su cui cominciamo a riflettere è quella di un primo anno o di un percorso iniziale integrato tra varie discipline così che la medicina non sia più un percorso isolato»
Si continua a discutere della riforma dell’accesso all’università e della possibile abolizione del ‘numero chiuso’. A scendere in campo questa volta è direttamente il Miur al quale spetta il compito di fare una sintesi tra le diverse posizioni in campo: Lega e M5S sono favorevoli all’abolizione del test a Medicina, ma la Conferenza dei rettori ha già bocciato la proposta. Negli ultimi mesi una proposta sta facendo breccia nel mondo accademico: quella di istituire un semestre o un anno comune a libero accesso per tutti gli studenti delle facoltà socio-sanitarie e solo al termine di questo periodo arrivare alla scelta della facoltà, senza ovviamente perdere i crediti formativi acquisiti in precedenza. Una proposta che ricalca in buona parte quella di Paolo Miccoli, presidente Anvur (Agenzia Nazionale Valutazione del Sistema universitario e della ricerca) e che ora sembra trovare sostenitori anche al Miur. «Dobbiamo cominciare a concepire il percorso di formazione scientifica in maniera sempre più integrata, non solo in medicina ma ovunque», spiega a Sanità Informazione il Viceministro al Ministero dell’Istruzione e dell’Università Lorenzo Fioramonti che abbiamo incontrato al termine del ‘seminario rivoluzionario’ dal titolo “Tecnologie dell’Umano. La Rivoluzione Fisico-Telematica” al quale ha partecipato anche il Presidente della Camera Roberto Fico. «Medicina – spiega Fioramonti – non deve diventare lo sbocco unico di tutti ma può diventare uno dei tanti sbocchi: così non si perdono i crediti formativi e l’esperienza di apprendimento». Resta, naturalmente, la necessità di vincere la resistenza di buona parte dei rettori degli atenei italiani, poco propensi a modificare la modalità di accesso alla Facoltà.
Viceministro, oggi avete parlato un po’ di quello che sarà il futuro, di come la tecnologia cambierà il nostro mondo, lei ha parlato anche di quarta rivoluzione industriale. Noi ci occupiamo della professione medica, come potrebbe cambiare il futuro in questo campo?
«Sicuramente le tecnologie stanno già modificando il presente, non soltanto il futuro, questo è sotto gli occhi di tutti. Quello che serve è una formazione che sia in grado di spingere lo sviluppo tecnologico in una direzione più desiderabile che io ritengo debba essere quella del benessere diffuso. In tutto questo il ruolo della medicina mi sembra fondamentale. La medicina dovrà sempre di più un accompagnare le persone nel migliorare la qualità della vita e non necessariamente concepirsi come una semplice azione terapeutica. Quindi una medicina integrata anche con altre conoscenze di diverso tipo. Quindi parte di questo percorso di integrazione significa anche immaginare una medicina del futuro che sarà una medicina sempre più preventiva, una medicina olistica, che capisce sempre di più e meglio utilizzando i big data, cosa fa stare meglio le persone. Questo significa anche però formare i medici in maniera diversa e più elastica, avere dei curriculum sempre più integrati con altre discipline. Dobbiamo andare in questa direzione anche sul discorso del numero chiuso e dell’accesso agli studi. La modalità su cui cominciamo a riflettere è quella di un primo anno o di un percorso iniziale integrato tra varie discipline così che la medicina non sia più un percorso isolato ma sia lo sbocco finale di un percorso integrato che ha molto in comune con la biologia, con la psicologia, con la chimica, con altri tipi di formazione. Un percorso più integrato di cui la medicina diventa un modello formativo specializzato ma integrato con il resto».
Sul numero chiuso ci sono cinque proposte di legge, ma ancora si deve trovare la quadra. Lei accennava a un modello con una formazione comune e che poi prevede uno sbarramento successivo. I rettori sono divisi ma molti sostengono che l’università italiana non è in grado di sostenere questo grande numero di aspiranti medici. Lei cosa ne pensa?
«Anche l’università sta cambiando, le tecnologie permettono forme di apprendimento a livello generale molto diverse da quelle tradizionali. Se non ora forse tra qualche anno non sarà più necessario avere grandi aule dove tutti guardano un docente che presenta. Sarà possibile interagire sia di presenza che attraverso l’apprendimento a distanza. Quello che vogliamo proporre in maniera molto condivisa e aperta e con un discorso che si svilupperà nei mesi successivi è cominciare a concepire il percorso di formazione scientifica in maniera sempre più integrata, non solo in medicina ma ovunque. Però in medicina serve ancora di più perché non solo la medicina è integralmente parte di un percorso scientifico che ha a che vedere con la biologica, la chimica, e così via ma anche perché questo potrebbe permettere a tante persone che inizialmente vogliono fare i medici di capire che hanno una passione per la biologia o per la chimica. Medicina non deve diventare lo sbocco unico di tutti ma può diventare uno dei tanti sbocchi e così non si perdono i crediti formativi e l’esperienza di apprendimento. Mentre oggi se non superi il test o se non ce la fai rischi di aver buttato un anno o due anni della tua vita. Questo va modificato. Quindi accesso più libero e integrato ma con un percorso flessibile che permette a tutti di arrivare dove vogliono arrivare in maniera efficace».
LEGGI ANCHE: CAOS NUMERO CHIUSO: TRA ANNUNCI DI ABOLIZIONE E ONDATE DI RICORSI