Sembra essersi finalmente risolto il mistero delle cause dell’ondata di epatiti acute gravi che, nella primavera del 2022, poco dopo la fine dei lockdown per Covid-19, hanno colpito oltre un migliaio di bambini in 34 paesi diversi, Italia compresa. Tre studi, appena pubblicati sulla rivista Nature, hanno collegato questi focolai di epatite pediatrica a co-infezioni causate da più virus comuni
Sembra essersi finalmente risolto il mistero delle cause dell’ondata di epatiti acute gravi che, nella primavera del 2022, poco dopo la fine dei lockdown per Covid-19, hanno colpito oltre un migliaio di bambini in 34 paesi diversi, Italia compresa. Tre studi, appena pubblicati sulla rivista Nature, hanno collegato questi focolai di epatite pediatrica a co-infezioni causate da più virus comuni, in particolare un ceppo di virus adeno-associato di tipo 2 (AAV2). Gli studi sono stati condotti dagli scienziati dell’Università di Glasgow, dell’University College di Londra, dell’Università della California a San Francisco e dell’Università di Medicina di Berlino.
I virus AAV non sono noti per causare l’epatite da soli. Ma per replicarsi hanno bisogno di virus «aiutanti», come gli adenovirus che causano il raffreddore e l’influenza. Il rientro a scuola dopo le restrizioni per la pandemia hanno reso i bambini più suscettibili alle infezioni da questi comuni agenti patogeni. Lo studio suggerisce che per un piccolo sottogruppo di questo bambini contrarre più di un’infezione contemporaneamente può renderli più vulnerabili all’epatite grave. «Siamo rimasti sorpresi dal fatto che le infezioni che abbiamo rilevato in questi bambini non fossero causate da un insolito virus emergente, ma da comuni patogeni virali infantili», commenta Charles Chiu, direttore del Laboratorio di microbiologia clinica dell’dell’Università della California di San Francisco e autore senior dell’articolo. «Questo è ciò che ci ha portato a ipotizzare che la tempistica dell’epidemia fosse probabilmente correlata alle situazioni davvero insolite che stavamo attraversando con la chiusura di scuole e asili nido legati al Covid-19 e le restrizioni sociali – aggiunge -. Potrebbe essere stata una conseguenza non intenzionale di ciò che abbiamo vissuto durante gli ultimi due o tre anni di pandemia».
Ad agosto 2022, sono stati segnalati svariati focolai in 35 paesi. I sintomi a volte sono stati molto gravi tanto che 50 bimbi hanno avuto bisogno di un trapianto di fegato e ben 20 non sono sopravvissuti. Negli Stati Uniti sono stati registrati 358 casi. I Centers for Disease Control and Prevention (CDC) hanno avviato un’indagine sulle cause. Nello studio americano, che è stato sostenuto dai CDC, i ricercatori hanno utilizzato la reazione a catena della polimerasi (PCR) insieme a vari metodi di sequenziamento metagenomico e test molecolari per esaminare campioni di plasma, sangue intero, tamponi nasali e feci di 16 casi pediatrici in sei stati: Alabama, California, Florida, Illinois, North Carolina e South Dakota, registrati dall’1 ottobre 2021 al 22 maggio 2022. I campioni sono stati confrontati con altri 113 prelevati da soggetti sani. AAV2 è stato rilevato nel 93% dei 14 campioni di sangue disponibili e in tutti i casi sono stati trovati adenovirus umani (HAdVs). In particolare, un tipo specifico di adenovirus legato alla gastroenterite (HAdV-41) è stato riscontrato in 11 casi. Ulteriori co-infezioni, che hanno coinvolto i virus Epstein-Barr, herpes ed enterovirus, sono state riscontrate nell’85,7% dei casi.
Secondo i ricercatori questi risultati rispecchiano quelli degli altri due studi condotti simultaneamente nel Regno Unito, che hanno identificato lo stesso ceppo AAV2. Il gruppo di ricerca guidato da Emma Thomson dell’Università di Glosgow ha esaminato 32 casi di epatite infantile e ha confrontato il tessuto epatico dei piccoli pazienti con campioni prelevati da un gruppo di 74 coetanei sani. L’AAV2 è stato identificato nell’81% dei casi analizzati e nel 7% dei ragazzi in salute. Allo stesso tempo, i ricercatori hanno evidenziato un’associazione tra i geni dei pazienti e i casi di epatite. Il 93% dei bambini con epatite presentava infatti un particolare gene che codifica per l’antigene leucocitario umano, una molecola che aiuta il sistema immunitario a riconoscere le cellule infette. Solo il 16% dei ragazzi nel gruppo di controllo aveva questa caratteristica genetica. Questi dati, secondo gli scienziati, suggeriscono che alcune persone potrebbero essere geneticamente più suscettibili ad alcune forme di epatiti.
Il secondo gruppo di ricerca, guidato da Judith Breuer dell’University College di Londra, ha ottenuto dati comparabili, rilevando adenovirus nel 96,4% dei 38 pazienti con epatite pediatrica. In questo lavoro, gli autori hanno anche riscontrato bassi livelli di betaherpesvirus umano 6B (HHV-6B) nei bambini positivi all’epatite. Secondo gli studiosi, questi virus potrebbero consentire la replicazione dell’AAV2 e potenzialmente contribuire alla gravità del danno al fegato immuno-mediato. In definitiva, tutti e tre gli studi hanno identificato co-infezioni da più virus e il 75% dei bambini nello studio statunitense ha avuto tre o quattro infezioni virali. Poiché gli AAV di per sé non sono considerati patogeni, deve ancora essere stabilito un nesso causale diretto con l’epatite acuta grave. Lo studio rileva, tuttavia, che i bambini possono essere particolarmente vulnerabili a epatiti più gravi innescate da co-infezioni. Mentre le infezioni da virus adeno-associati possono verificarsi a qualsiasi età, il picco è in genere tra 1 e 5 anni e l’età media dei bambini colpiti nello studio era di 3 anni. Anche se ora i focolai di epatite acuta grave nei bambini sono diminuiti, i ricercatori ritengono che il modo migliore per proteggere i bambini da questa rara malattia è lavarsi spesso le mani e restare a casa quando si è malati.
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