Dal rapporto ‘Diabetes Web Report 2016’ emerge che i pazienti con patologie croniche si rivolgono sempre di più al web per gestire le malattie di cui soffrono. Ketty Vaccaro, presidente dell’Health Web Observatory e responsabile Salute e Welfare Censis: «Avere informazioni e poterle condividere sui social è di grande conforto per i malati»
Alzi la mano chi non ha sempre con se lo smartphone. Ormai i dispositivi digitali sono diventati una parte sostanziale del nostro corpo e per reperire qualsiasi informazione, il primo ad essere interpellato, è proprio internet. Questo mutamento sociale che negli ultimi dieci anni ha subito una forte accelerazione, ha determinato forti ripercussioni in vari contesti ma soprattutto in ambito sanitario. L’italiano consulta il web per qualsiasi informazione ma in particolare per avere delucidazioni riguardo lo stato di salute. Significativi in tal senso i dati emersi dal rapporto ‘Diabetes Web Report 2016’ ad opera del Health Web Observatory, in collaborazione con Italian Barometer Diabetes Observatory (IBDO) Foundation, illustrati di recente presso l’Istituto Superiore di Sanità. Dalla ricerca, focalizzata sull’analisi delle abitudini di pazienti diabetici, emerge che oltre il 90 per cento dei malati ricerca informazioni sulla malattia in Internet. Dunque il dottor Google viene consultato più del medico? Lo abbiamo chiesto a Ketty Vaccaro, presidente dell’Health Web Observatory e responsabile Salute e Welfare del Censis.
Sempre più pazienti accedono all’informazione sulla rete, in questa ottica come cambia il rapporto tra medico e paziente?
«Diciamo che in generale l’accesso all’informazione sanitaria diretta da parte del paziente, che ha trovato nella rete un potentissimo strumento di acquisizione di informazioni, è alla base della trasformazione del soggetto che diventa più autonomo e responsabile anche nella relazione con il proprio medico curante. Questa relazione, che prima era sostanzialmente asimmetrica, perché il titolare dell’informazione sanitaria era esclusivamente il medico, man mano che il paziente acquisisce informazioni attraverso la rete, si trasforma e diventa più paritaria. È chiaro che non è detto che il rapporto paritario sia necessariamente vissuto positivamente, il medico talvolta si sente minacciato dall’acquisizione di informazioni da parte del paziente. È vero però che i pazienti si trovano a dover gestire una mole di informazioni disorganica, non gerarchizzata, presente sulla rete, dunque trovano nel medico un interlocutore importante che mette in ordine le informazioni e aiuta a gestirle».
In particolare i pazienti diabetici, come tutti i pazienti affetti da patologie croniche, che rapporto hanno con l’informazione digitale, cosa li differenza dagli altri?
«Non ci sono differenze specifiche quando ci riferiamo a patologie croniche. Il percorso che abbiamo analizzato con il report ‘Diabetes Web Report 2016’ è un percorso in cui nella fase pre-diagnostica, quando cominciano i sintomi, il paziente diabetico come tutti quelli che affrontano una sintomatologia che non conoscono, è un paziente estremamente ansioso, che cerca sulla rete per capire cosa gli sta succedendo e qual è la malattia che deve affrontare. Nella fase poi di inizio del trattamento della gestione la consultazione dei siti diventa meno consistente e assume un ruolo di maggior rilievo il confronto con le persone affette dalla stessa patologia, ecco che entrano in gioco i social, i forum e le chat. Questi strumenti diventano importanti perché rispondono al bisogno di condivisione. Man mano poi che il paziente si stabilizza e impara l’importanza di gestire la cronicità della malattia, l’importanza della condivisione diventa ancora più significativa, stavolta però anche con esperti che forniscono informazioni più accurate e maggiori strumenti. Come in tutte le cronicità, il paziente diventa un soggetto centrale della cura, della terapia, deve essere necessariamente esperto per gestire la sua quotidianità e in questo il web, se gestito con buon senso, può essere un aiuto».