Uno studio americano ha scoperto che i contenitori delle spezie sono gli oggetti da cucina più a rischio contaminazione da Salmonella
Sono probabilmente gli «attrezzi» da cucina più trascurati a livello di igiene e forse anche per questo sono tra quelli più a rischio contaminazione dal batterio della Salmonella. Almeno questo è quanto ha scoperto un gruppo di ricercatori della Rutgers University, nel New Brunswick, nel New Jersey. In uno studio pubblicato sul Journal of Food Protection, gli scienziati hanno dimostrato che la Salmonella può trovare la strada libera laddove conserviamo il sale, il pepe e molte altre spezie.
Nell’esperimento i ricercatori hanno invitato 317 adulti a cucinare un hamburger di tacchino che, all’insaputa dei partecipanti, conteneva una sostanza chimica che avrebbe agito in modo simile alla salmonella una volta contaminata un’area. Le cucine sono state successivamente analizzate per verificare la presenza della «controfigura» della Salmonella. Ebbene, dai risultati è emerso che gli oggetto più contaminati sono i contenitori delle spezie. Quasi la metà, il 48%, è risultata positiva la sostanza che simulava la Salmonella. Anche il 20% dei contenitori per il sapone sono risultati contaminati.
Donald Schaffner, un professore alla Rutgers che è coautore dello studio, ha spiegato che molte persone solitamente dimenticano di pulire questi contenitori. «Oltre alle superfici più ovvie come taglieri, coperchi dei bidoni della spazzatura e maniglie del frigorifero, ecco qualcos’altro a cui devi prestare attenzione quando stai cercando di essere pulito e igienico nella tua cucina», evidenzia.
Secondo Rapporto One-Health sulle zoonosi nel 2020 nell’Unione europea, in Italia la salmonellosi continua a essere la malattia zoonotica più frequentemente notificata (2626 casi). I Centers for Disease Control and Prevention (CDC) riporta 1,35 milioni di casi all’anno, sebbene molti siano lievi o asintomatici. I CDC stima che ogni anno ci siano 1,35 milioni di infezioni da Salmonella nel mondo. Più di 25.000 sono abbastanza gravi da richiedere il ricovero in ospedale e l’infezione batterica è responsabile di 420 decessi all’anno.
In generale, la Salmonella è l’agente batterico più comunemente isolato in caso di infezioni trasmesse da alimenti, sia sporadiche che epidemiche. «È presente in natura – spiega l’Istituto superiore di sanità (Iss) – con più di 2000 varianti, ma i ceppi più frequentemente diffusi nell’uomo e nelle specie animali, in particolare in quelle allevate per la catena alimentare, sono S. enteritidis e S. typhimurium. Le infezioni provocate da salmonella si distinguono in forme tifoidee (S. typhi e S. paratyphi, responsabili della febbre tifoide e delle febbri enteriche in genere), in cui l’uomo rappresenta l’unico serbatoio del microrganismo, e forme non tifoidee, causate dalle cosiddette salmonelle minori (come S. typhimurium e la S. enteritidis), responsabili di forme cliniche a prevalente manifestazione gastroenterica».
Le salmonelle non tifoidee, responsabili di oltre il 50% del totale delle infezioni gastrointestinali, sono una delle cause più frequenti di tossinfezioni alimentari nel mondo industrializzato. «Le infezioni da Salmonella spp. possono verificarsi – riferisce l’Iss – nell’uomo e negli animali domestici e da cortile (polli, maiali, bovini, roditori, cani, gatti, pulcini) e selvatici, compresi i rettili domestici (iguane e tartarughe d’acqua). I principali serbatoi dell’infezione sono rappresentati dagli animali e i loro derivati (come carne, uova e latte consumati crudi o non pastorizzati) e l’ambiente (acque non potabili) rappresentano i veicoli di infezione.
La gravità dei sintomi varia dai semplici disturbi del tratto gastrointestinale (febbre, dolore addominale, nausea, vomito e diarrea) fino a forme cliniche più gravi (batteriemie o infezioni focali a carico per esempio di ossa e meningi) che si verificano soprattutto in soggetti fragili (anziani, bambini e soggetti con deficit a carico del sistema immunitario). «I sintomi della malattia – spiega l’Iss – possono comparire tra le 6 e le 72 ore dall’ingestione di alimenti contaminati (ma più comunemente si manifestano dopo 12-36 ore) e si protraggono per 4-7 giorni. Nella maggior parte dei casi la malattia ha un decorso benigno e non richiede l’ospedalizzazione, ma talvolta l’infezione può aggravarsi al punto tale da rendere necessario il ricovero».
L’infezione si trasmette per via oro-fecale, attraverso l’ingestione di cibi o bevande contaminate o per contatto, attraverso la manipolazione di oggetti o piccoli animali in cui siano presenti le salmonelle. In particolare, sono da considerarsi alimenti a rischio:
Solitamente all’apparenza il cibo contaminato non presenta alcuna alterazione delle caratteristiche organolettiche (colore, odore, sapore, consistenza). «La contaminazione degli alimenti può avvenire al momento della loro produzione, durante la preparazione, oppure – spiega l’Iss – dopo la cottura a causa di una manipolazione non corretta degli alimenti. Per quanto riguarda le norme igieniche da rispettate dal punto di vista alimentare, va ricordato che i batteri della salmonella sono facilmente eliminabili attraverso una buona cottura, ma pochi sanno che l’effetto sterilizzante del calore di cottura delle carni si annulla se, per esempio, il coltello usato per tagliare la carne cruda viene impiegato poco dopo per tagliare la carne cotta, senza un adeguato lavaggio tra un’operazione e l’altra».
Altrettanto pericolosa è l’abitudine di rompere le uova sottovalutando la potenziale carica infettiva del guscio. È bene rammentare che piccole incrinature nel guscio possono permettere l’ingresso nell’uovo del batterio eventualmente presente nelle feci della gallina. Nel mondo, si stima che il 50% delle epidemie di salmonellosi è dovuto a uova contaminate, mentre la carne bovina e suina (consumata cruda o poco cotta) e i derivati del latte possono provocare, rispettivamente, il 15% e il 5% dei casi.
In linea generale, per diminuire il rischio di salmonellosi, si consiglia di: lavare frutta e verdura prima della manipolazione e del consumo; sanificare tutti gli utensili e i macchinari usati per la produzione di alimenti; lavare le mani prima, durante e dopo la preparazione degli alimenti; refrigerare gli alimenti preparati in piccoli contenitori, per garantire un rapido abbattimento della temperatura; cuocere tutti gli alimenti derivati da animali, soprattutto pollame, maiale e uova; proteggere i cibi preparati dalla contaminazione di insetti e roditori; evitare (o perlomeno ridurre) il consumo di uova crude o poco cotte (per esempio, all’occhio di bue), di gelati e zabaioni fatti in casa, o altri alimenti preparati con uova sporche o rotte; consumare solo latte pastorizzato; evitare le contaminazioni tra cibi, avendo cura di tenere separati i prodotti crudi da quelli cotti; evitare che persone con diarrea preparino alimenti destinati alla ristorazione collettiva e assistano soggetti a rischio (bambini, anziani, ammalati).
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