La neo eletta Segretaria di Cittadinanzattiva: «I Lea vengano rispettati in tutte le regioni, allo Stato centrale maggior potere di coordinamento. Proiezioni per i prossimi anni ci parlano di un fondo sanitario nazionale in decrescita dal 2022. Non facciamo gli stessi errori del passato»
«Stiamo sperimentando la necessità che i servizi per i cittadini siano diffusi e prossimi, e che la sanità pubblica, prima fra tutti, non è uno spreco, forse neanche un investimento, è semplicemente una precondizione per assicurare la salute e il benessere delle persone, e quindi la loro possibilità di vivere e di lavorare». Le parole sono di Anna Lisa Mandorino, eletta nuova Segretaria Generale di Cittadinanzattiva, che recentemente ha rinnovato i suoi vertici. Antonio Gaudioso, Segretario uscente, è invece il nuovo presidente.
Laureata in Lettere classiche, dal 1997 al 2008 si è occupata in Cittadinanzattiva di relazioni esterne, accompagnando fino alla approvazione la proposta di riforma dell’articolo 118 della Costituzione. Vice segretaria generale uscente, ha coordinato le azioni di promozione dell’attivismo civico e della partecipazione negli ambiti della salute, dei servizi di pubblica utilità, dei diritti umani, dell’educazione. Ha operato inoltre per la diffusione di nuove forme di governance dei processi pubblici, specialmente relative al protagonismo delle comunità locali, al coinvolgimento degli stakeholders, al dialogo istituzionale. È tra le promotrici del Festival della Partecipazione.
A Sanità Informazione, Mandorino parla di diseguaglianze in sanità e della necessità che i Lea siano garantiti in tutte le regioni attraverso una più incisiva azione di coordinamento da parte dello Stato centrale. Ma ha anche sollecitato, dopo l’esperienza della pandemia, a non ridurre le risorse alla sanità: «Il PNRR rappresenta una prospettiva positiva per quanto riguarda l’investimento sulla parte strutturale del Ssn – spiega Mandorino – ma la spesa corrente legata al Fondo sanitario nazionale, in questo momento, non è destinata ad aumentare. Le proiezioni per i prossimi anni ci parlano di un fondo sanitario nazionale in decrescita dal 2022».
«Lavorare sul tema della promozione della Salute, quindi considerare il Servizio sanitario nazionale uno dei determinanti cruciali per una salute di qualità nel nostro Paese. Poi bisogna lavorare molto anche sugli altri determinanti che influiscono sulla salute delle persone come il reddito, l’istruzione, il lavoro, un ambiente salubre. Questo perché la promozione della salute è un ambito che va considerato a 360 gradi anche con l’obiettivo di diminuire le diseguaglianze profonde che riguardano la salute dei cittadini nel nostro paese, che hanno sicuramente una chiave territoriale molto forte. Tra le diverse regioni d’Italia abbiamo servizi sanitari completamente diversi nelle capacità di rispondere ai bisogni e alle esigenze dei cittadini».
«Noi da anni lavoriamo sul tema delle diseguaglianze sanitarie, in particolare su quelle territoriali. Il fatto che esistano delle condizioni di risposta dei servizi sanitari diverse per i cittadini che abitano in diverse zone dell’Italia è una cosa odiosa e inaccettabile. Il Covid da questo punto di vista ha soltanto confermato un trend di forte disequità tra le regioni d’Italia che già era chiaro. Eravamo abituati a ritenere alcune regioni del nostro Paese eccellenti per quanto riguarda l’offerta dei servizi sanitari, invece ci siamo accorti che si è trascurata l’assistenza territoriale, quella sanità di prossimità per i cittadini che in periodo di pandemia sarebbe stata particolarmente efficace. Fortunatamente da questo punto di vista anche il piano nazionale di ripresa e resilienza dà una prospettiva perché punta molto sull’assistenza territoriale, in particolare sul rafforzamento di quella domiciliare. È importante che si usi un’ottica di eguaglianza, che si tenga conto della condizione di partenza delle regioni per fare in modo che si assicuri a ciascuna la stessa capacità di risposta. In questo, il controllo del governo centrale è fondamentale. C’è stato in altre stagioni, per esempio, sui piani di rientro un’azione forte per garantire che le regioni rientrassero dal deficit. Altrettanto va garantito, richiesto e ricercato con ogni mezzo possibile il rispetto dei Livelli essenziali di assistenza. Un’operazione di maggiore coordinamento anche del livello centrale rispetto a quelle regioni che risultano inadempienti rispetto ai Lea».
«Noi ovviamente ci stiamo occupando di una pandemia e di una emergenza di dimensioni planetarie. Ma ce n’è un’altra che in questo momento è meno percepita ma rispetto alla quale abbiamo già dati ed elementi molto preoccupanti. È quella che deriverà dalle conseguenze di tutte le cure interrotte o sospese durante il periodo del Covid sia in termini di cura che in termini di prevenzione. Pensiamo a tutte le malattie oncologiche, in cui lo screening fa spesso la differenza tra la vita e la morte perché permette di scoprire la malattia in uno stadio precoce. Quindi tutti gli effetti delle cure mancate in questo periodo costituiranno un’emergenza anche perché si aggiungono a delle liste di attesa, specie in alcune regioni d’Italia, già particolarmente lunghe. Questa situazione richiederebbe la stessa risposta avuta per gestire una situazione di emergenza come quella pandemica. Cioè l’atteggiamento da tenere nei confronti del fenomeno delle liste d’attesa e del ritorno alle cure deve avere tutte le caratteristiche anche di urgenza, efficacia, presenza sul territorio che una questione del genere comporta. Come se dovessimo fare un piano di emergenza sul ritorno alle cure paragonabile come efficacia a quello messo in campo nella lotta alla pandemia. Questo fenomeno delle cure mancate va messo al centro del focus perché ha le stesse caratteristiche di urgenza della lotta al Covid».
«Tante cose. In primis, l’importanza della partecipazione, del coinvolgimento delle organizzazioni dei cittadini, delle organizzazioni dei pazienti perché specie in una prima fase della pandemia le associazioni sono state in grado di dare il loro contributo in un periodo in cui le istituzioni erano completamente concentrate sul Covid. Questa capacità di partecipazione di tutto il mondo dell’attivismo civico andrebbe messa a fuoco. Abbiamo imparato sicuramente l’importanza di un’assistenza territoriale che funzioni. L’investimento sulla sanità è mancato per tanti anni e poi ci ha messo nella condizione di essere deboli nel momento in cui dovevamo fronteggiare la pandemia, specialmente in termini di dotazione di personale. Da questo punto di vista il PNRR rappresenta una prospettiva positiva per quanto riguarda l’investimento sulla parte strutturale del Ssn. Tuttavia, abbiamo paura che invece la spesa corrente legata al fondo sanitario nazionale non sia destinata ad aumentare. Le proiezioni per i prossimi anni ci parlano di un fondo sanitario nazionale in decrescita dal 2022. Questa è una cosa che va evitata con tutte le nostre forze».
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