Andrea Lenzi, direttore del dipartimento di Medicina Sperimentale della Sapienza e presidente del Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita della Presidenza del Consiglio: «Abbiamo dimenticato il legame fra medicina e territorio»
«Una polmonite atipica è un indizio, due polmoniti atipiche sono una coincidenza; tre polmoniti atipiche, però, sono una prova». Il professor Andrea Lenzi, oltre ad essere un medico, è un uomo di governo. Dal 2016 è presidente del Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Comitato Nazionale dei Garanti per la Ricerca del MIUR; direttore del dipartimento di Medicina Sperimentale della Sapienza, è intervenuto al webinar “I sindaci nel governo della sanità post-Covid 19”, un’occasione di dibattito e confronto proposta da Anci e da Ifel Formazione. Un’occasione, spiega l’organizzazione in un comunicato, che «ha proposto una riflessione compiuta e articolata sulla salute nelle città come bene comune, alla luce dei profondi cambiamenti che l’emergenza da coronavirus determinerà nelle modalità di intervento degli amministratori locali nel settore socio-assistenziale e sanitario». In effetti, quanto spiegato da Lenzi nella relazione introduttiva ha provato a indicare quale sia il rapporto, molto stretto invero, fra organizzazione della città e tutela della salute.
La città, infatti, non è solo un luogo e soprattutto non è un luogo neutrale. Come è organizzata, come è costruita, come sono allocati gli spazi è in grado di fare tutta la differenza del caso. «Sappiamo dalle analisi a disposizione – ha detto Lenzi nella sua relazione – che nel 2050 il 70% della popolazione mondiale vivrà in una città. In Italia il fenomeno è anche più pronunciato perché già il 70% dei nostri abitanti vive in città e nel nostro futuro c’è un ulteriore aumento della popolazione media delle città. Fino ad oggi tutti noi, sia policy maker, sia sanitari che ricercatori, ci eravamo concentrati sul miglioramento della qualità della vita, sugli indici della speranza di vita e sulle malattie non trasmissibili e sui fattori di rischio, come l’obesità. Ci siamo dedicati alla medicina di precisione, alla medicina di eccellenza, tagliata sull’individuo. Oggi ci siamo resi conto che nel farlo ci siamo persi l’insieme, i grandi numeri».
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«La pandemia da coronavirus è stata una sorta di sveglia brutale sia per l’area sanitaria che per chi riflette sugli assetti di comunità», spiega Lenzi, contattato al telefono da Sanità Informazione per un approfondimento: «Il sistema si è dimostrato enormemente fragile proprio dove meno ce lo aspettavamo: tutti magnificavano e invidiavano, quasi, il sistema sanitario lombardo, fatto di indubbie punte di eccellenza che però si sono rivelate sganciate dalle esigenze dei territori. Quando il Covid-19 si è manifestato, penso di poterlo rendere così, la trasduzione dei segnali sanitari ha dimostrato di non funzionare. Io da tempo penso che serva un meccanismo che coaguli la comunità intorno ad un bene imprescindibile, quale è la salute: la medicina puntuale di precisione serve, è fondamentale, ma la comunità della salute, la health community è altrettanto importante».
La proposta è allora quella di favorire la nomina all’interno delle amministrazioni comunali di un health city manager, una figura specifica di coordinamento «che sappia portare al sindaco tutte le istanze della collettività» sui temi della salute pubblica, con compiti, si legge nel contributo del presidente della CNBBSV, «di gestione della sanità pubblica, di sociologia e psico-sociologia delle comunità, di architettura urbana e di controllo nella riduzione delle disuguaglianze sociali e di salute, in grado di coordinare e implementare le azioni per la salute pubblica nel contesto urbano in funzione degli obiettivi di mandato espressi dal documento di programmazione dell’amministrazione comunale con cui s’interfaccerà diventando elemento d connessione tra la stessa e le amministrazioni sanitarie locali».
«Negli ultimi decenni – aggiunge Lenzi – è indubbio che abbiamo saputo mantenere una qualità della vita con alti standard che abbiamo ulteriormente prolungato grazie al lavoro dei medici. Questa rete deve essere continuamente rinforzata, è come una rete che deve essere mantenuta in salute: nei piccoli centri, ma anche nei grandi, il sindaco è il referente della comunità e ad oggi i primi cittadini non hanno nel loro staff, e non parlo di assessorati alla salute, una persona sufficientemente giovane, sufficientemente dinamica e sufficientemente flessibile da mettere in sincronia i vari assessorati e i vari dipartimenti». La proposta dell’health city manager deriva da una lunga sequela di studi internazionali che trova il suo accoglimento, in Italia, in un paper di recentissima pubblicazione su Acta Biomedica.
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