Nel 2050 sette persone su dieci vivranno in contesto urbano con aumento delle malattie non trasmissibili, a partire dal diabete. «Salute non è solo assenza di malattia. Bisogna lavorare per far sì che lo sport sia alla portata di tutti»
Cento anni fa solo due persone su dieci della popolazione mondiale vivevano nelle aree urbane. Nel XX secolo il rapporto si è ribaltato e oggi la tendenza sembra rafforzarsi: nel 2050 ben sette persone su dieci vivranno in contesti urbani. Un cambiamento epocale destinato ad incidere fortemente sugli stili di vita delle persone e anche sullo stato di salute dei cittadini con l’aumento di patologie non trasmissibili come diabete, cancro, disturbi respiratori e cardiovascolari. Il tema è stato affrontato nel terzo Health City Forum che si è svolto a Roma dove politici, medici, sportivi e professori si sono confrontati in un dibattito che ha visto un focus particolare sul diabete, definito ormai una vera e propria “pandemia mondiale”. L’incidenza dell’urbanizzazione sulla salute della popolazione mondiale è ormai un dato di fatto: l’inattività fisica causa 3,2 milioni di morti ogni anno, l’ipertensione 0,4 milioni, l’obesità è responsabile di 4,4 milioni di morti e l’inquinamento di 3,7 milioni. «È necessario che le istituzioni a tutti i livelli mettano in campo tutte le risorse finanziarie possibili affinché venga migliorato lo stile di vita quotidiano di ogni singolo cittadino», spiega a Sanità Informazione l’assessore al Welfare della Regione Lazio Alessandra Troncarelli.
Assessore, oggi si consegnano dei premi importanti, si parla di lotta al diabete e in generale di benessere nelle città, un tema che con il welfare ha molto a che fare. Quali sono le vostre iniziative in materia?
«Finalmente si parla di salute e non è un concetto ascrivibile soltanto all’assenza di malattia ma appunto dev’essere valorizzato a 360 gradi. È necessario che le istituzioni a tutti i livelli mettano in campo tutte le risorse finanziarie possibili affinché venga migliorato lo stile di vita quotidiano di ogni singolo cittadino. Purtroppo sono stili di vita frenetici, quindi bisogna cercare di aiutare il più possibile a rendere più facile l’accesso nelle nostre città anche creando dei percorsi alternativi rispetto alla vita sedentaria che oggi è invece quella che predomina».
Abbiamo visto che la città metropolitana di Roma ha il numero più elevato di malati di diabete d’Italia, una malattia che si può tenere a bada con corretti stili di vita. Ma sappiamo che a Roma fare sport non sempre è alla portata di tutti. Cosa può fare la politica?
«È vero, fare sport non è alla portata di tutti. E penso soprattutto a chi ha un handicap. Quindi è importante in primis eliminare le barriere architettoniche e rendere fruibili tutti i percorsi a cui una persona normodotata può accedere. Poi serve educazione sanitaria tra i giovani, quindi introdurre durante la formazione scolastica un corso che possa educarli fin da subito a mantenersi attivi perché anche il giovane in una fase di studio vive una vita sedentaria. Creare delle attività alternative allo studio ma che comunque lo aiutino nella sua crescita formativa. E poi anche gli anziani, perché anche loro, per quanto si possa parlare di terza età, hanno bisogno di attività motoria e una proposta che mi auguro di portare a termine durante il mandato è proprio quella della legge sull’invecchiamento attivo in cui la prevenzione è la chiave di tutto».