Il Senatore azzurro spiega la difficile situazione dell’assistenza sanitaria regionale e chiede al Ministro la fine della gestione commissariale. Poi denuncia: «Molti reparti in alcune strutture lavorano addirittura part time. Da medico non faccio altro che trasferire i pazienti dalla Calabria al resto d’Italia»
Un paziente calabrese su sei emigra al centronord per farsi curare, un disavanzo della sanità che continua ad aumentare nonostante la gestione commissariale, liste di attesa sempre più lunghe e inadempienza dei Livelli essenziali di assistenza. La sanità calabrese continua a vivere momenti difficili, una situazione che è stata persino oggetto di una lettera dell’Arcivescovo metropolita di Reggio Calabria-Bova, Giuseppe Fiorini Morosini, al ministro della Salute Giulia Grillo in cui ha sottolineato il rischio che venga meno il diritto alla salute per i cittadini della regione. E ormai la certezza che quell’articolo 32 della Costituzione che sancisce il principio secondo cui “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività” in alcune zone d’Italia diventa sempre più un miraggio. Anche il presidente della regione della Calabria Mario Oliverio ha denunciato anche al nostro giornale lo stato drammatico dell’assistenza sanitaria chiedendo al Ministro la fine del commissariamento. Una richiesta a cui si associa, seppur con toni diversi, il senatore di Forza Italia Marco Siclari, membro della Commissione Sanità di Palazzo Madama, che lancia dai nostri microfoni la sua proposta: «Serve un tavolo tecnico – spiega Siclari a Sanità Informazione – composto dal Ministero della Salute, dal Ministero Economia e Finanze e i direttori delle strutture sanitarie regionali calabresi, a partire dal Dipartimento della sanità calabrese. Dobbiamo far capire che c’è una emergenza e che deve essere affrontata prima che arrivino le disgrazie». E infine, con rammarico, l’ammissione: «Da medico non faccio altro che trasferire i pazienti dalla Calabria al resto d’Italia».
Senatore, parliamo della situazione della sanità in Calabria. Da più parti, a partire dal presidente della regione Oliverio, si parla di una situazione difficile, attenzionata anche dal Ministro Grillo. Come mai?
«La situazione è difficile perché non si affronta in maniera adeguata. Occorre che ci sia un esperto in materia di programmazione sanitaria ma con esperienza comprovata in regioni simili a quelli della Calabria dove sia riuscito a dimostrare che dai problemi uguali a quelli della Calabria se ne può uscire con un lavoro di grande programmazione sanitaria regionale. Credo che l’attuale commissario non abbia trovato le giuste soluzioni al problema della sanità che non è un problema raccontato ma che purtroppo si evince dai numeri. Abbiamo una regione che risulta inadempiente secondo le classificazioni nazionali per quanto riguarda la qualità dell’erogazione dei servizi sanitari quindi dei Livelli Essenziali di Assistenza. Addirittura è classificata ‘inaccettabile’ per quanto riguarda lo screening: è gravissimo. Pensate oltretutto che la Calabria oggi ha una migrazione passiva, cioè coloro che sono costretti a dover migrare, a lasciare le strutture sanitarie calabresi verso altre regioni per potersi curare, una percentuale che è arrivata al 22% quando la media nazionale non supera al 4%. La Sanità calabrese è in uno stato d’emergenza, ecco perché ritengo necessario che venga selezionato e individuato un professionista esperto ma che abbia anche dimostrato in regioni che prima avevano le stesse problematiche della Calabria, di essere in grado di risolverle».
Secondo lei una soluzione può essere la fine del commissariamento, perché comunque il disavanzo è aumentato di oltre 100 milioni di euro…
«È assurdo anche dal punto di vista matematico. Sostanzialmente non si fanno investimenti sulla sanità calabrese, non c’è turn over, quindi si lavora nelle strutture calabresi sotto organico e c’è una sofferenza da parte dei miei colleghi dei professionisti medici calabresi che non riescono ad esprimere il meglio della propria professione perché sono sotto organico, non si investe in nuove apparecchiature, non si aprono ospedali anzi si chiudono strutture ospedaliere periferiche, si chiudono reparti, molti reparti in alcune strutture lavorano addirittura part time come se uno si ammalasse solo di giorno e non di notte. In alcuni ospedali la radiologia funziona solo di giorno e non di notte. Quindi se c’è un incidente non c’è la radiologia disponibile per fare un esame e per verificare eventualmente la diagnosi rispetto al trauma subito. Siamo in una situazione completamente di emergenza. Allora nonostante gli ospedali non aprano e vengano chiusi, nonostante non si fanno concorsi, molti vanno in pensione e quindi si lavora sotto organico, c’è un disavanzo gestionale del Commissario di 102 milioni. Quindi io credo che il commissariamento delle regioni italiane sia uno strumento che vada rivisto dal punto di vista regolamentare: ho presentato una mozione per rivedere la disciplina che regolamenta il commissariamento alla sanità delle nostre regioni perché anche la Calabria è un esempio di un fallimento importante che è quello del commissariamento che dura da 11 anni. Le soluzioni sono quelle che ho proposto ufficialmente al ministro: ho chiesto al Ministro di mettere la parola fine al Commissariamento e quindi di aprire una seconda ipotesi con un tavolo tecnico composto dal Ministero della Salute, dal Ministero Economia e Finanze per individuare i budget e i direttori delle strutture sanitarie regionali calabresi e il Dipartimento della sanità calabrese che purtroppo è ancora senza direttore dato che il presidente Oliverio non ne ha ancora individuato uno. La responsabilità è del Commissario ma anche della politica regionale perché non si può lasciare una regione senza delle guide. Quando i cittadini si rivolgono alla politica lo fanno per avere risposte e dalla regione Calabria non è arrivata alcuna risposta per quanto riguarda il dipartimento della Salute».
Una situazione che rischia di far saltare anche diversi posti di lavoro, ad esempio nel privato accreditato…
«Sì. Anche i privati convenzionati calabresi hanno avuto un problema enorme perché loro sostanzialmente vanno a compensare le carenze delle strutture pubbliche direttamente gestite dallo Stato, offrono un servizio pubblico, sostituiscono le mancanze dello Stato e compensano le carenze dello Stato. Quindi anche loro sono stati colpiti dai decreti del Commissario Scura che ha tagliato il budget già approvato del 20% mettendo a rischio oltre 600 posti di lavoro su 3mila occupati totali nel settore privato accreditato convenzionato. Scura ha presentato un decreto per tagliare il budget, poi bocciato dal Tar e Scura lo ripresenta uguale e il Tar lo riboccia per la seconda volta. Ringrazio chi accende i riflettori sulla sanità calabresi perché aiutate tutti i cittadini della Calabria che hanno bisogno di sentirsi cittadini italiani: dobbiamo far capire che c’è una emergenza e che deve essere affrontata prima che arrivino le disgrazie. Io da medico non faccio altro che trasferire i pazienti dalla Calabria al resto d’Italia».
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Gravi disagi anche per la categoria medica: i tagli hanno comportato un sovraccarico di lavoro e spesso anche un aumento delle aggressioni al personale sanitario, come l’ultimo episodio a Crotone. Questo porta a delle tensioni.
«È un problema che stiamo affrontando in Commissione Sanità perché vogliamo arrivare anche qui a una proposta di legge che dia la massima garanzia, la massima tutela a tutti i colleghi professionisti medici, a tutti gli operatori della sanità che lavorano per dare soccorso a chiunque ha bisogno. Noi stiamo lavorando in Commissione Salute e a breve dovremmo arrivare in Senato con una proposta in merito che mi auguro possa essere migliorata e che il Governo possa accettare anche le proposte dell’opposizione».