L’immunoematologo, per quattro anni alla guida del dicastero di Lungotevere Ripa, chiede di tornare allo spirito originario del Ssn: «È diventato una sorgente di profitto per gli enti e questo non va bene. Necessario rivedere intramoenia»
È passato alla storia per la sua legge antifumo con cui ha vietato le sigarette nei locali pubblici. Girolamo Sirchia, classe 1933, luminare di immunoematologia, è stato Ministro della Salute per quattro anni, dal 2011 al 2015, nel secondo governo Berlusconi. A tredici anni di distanza da quell’esperienza, continua a fornire le sue ricette sulla sanità del futuro. La parola chiave del suo agire è “prevenzione”, unico strumento per salvare il Sistema sanitario dal fallimento. «È giustissimo che si studi come rimediare ad alcune patologie, ma bisogna parallelamente evitare che queste patologie continuino a crescere – spiega Sirchia a Sanità Informazione -. Allora se non si blocca con una prevenzione intelligente questa crescita, la spesa sanitaria diventa insostenibile e salta tutto».
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Professore, quali dovranno essere le priorità del prossimo Ministro della Salute?
«Il Servizio sanitario nazionale è un bene primario importante. Va bonificato perché ha tradito in gran parte i suoi presupposti durante questi anni. Cioè in altri termini è servizio universale, e questo è rimasto. Non è più gratuito al punto di erogazione del servizio, per tutte le prestazioni ambulatoriali e di laboratorio, perché si deve pagare dei ticket, e questo è sbagliato. È diventato una sorgente di profitto per gli enti e questo non va bene. La politica sui medici è stata sbagliata completamente, e più in generale su tutto il personale, perché si è emarginata questa categoria in favore di amministratori che sono per lo più economisti che hanno una visione prettamente aziendalistica, economicistica del sistema, che non è lo spirito del Servizio sanitario nazionale ma è l’opposto. Gli ospedali si sono trasformati in aziende. L’ospedale non è un’azienda, è un ospedale. Tutte queste cose messe insieme esigono di mantenere il servizio e di ricondurlo alle sue origini e ai suoi principi fondanti. Solo così può funzionare bene. L’intramoenia salva alcuni introiti per i medici e rabbercia un errore di impostazione che è stato fatto per la libera professione: cioè mantenerli inchiodati dentro un ospedale per evitare che vadano fuori. Sono tutti errori di sistema che io mi auguro vengano riconsiderati».
Tra le altre cose del programma di governo si parla di togliere la politica dalle nomine in sanità. Che ne pensa?
«Sarebbe uno dei pilastri importanti per ridare al Servizio sanitario il ruolo che le compete. Serve gente che sa quello che fa. Invece c’è gente che non sa quello che fa negli ospedali. La direzione è data per via politica e non sempre considera il merito di queste persone e così poi vediamo delle cose orrende».
Lei ha parlato più volte della necessità di impostare il sistema non sulla cura ma sulla prevenzione. La sua attività di Ministro è stata impostata su questo. Si sta facendo abbastanza su questo?
«Assolutamente no. È un segno di una mancanza di cultura dei governi regionali e nazionali che va corretto. Nel senso che è giusto continuare a studiare come curare le malattie una volta che sono apparse, ma questo aumento di attenzione comporta un aumento di spesa enorme. I nuovi farmaci, i nuovi device sono molti più costosi del passato. È giustissimo che si studi come rimediare ad alcune patologie ma bisogna parallelamente evitare che queste patologie continuino a crescere. Allora se non si blocca con una prevenzione intelligente questa crescita, la spesa sanitaria diventa insostenibile e salta. E accadrà a breve. È un obbligo strategico, fondamentale capire che la prevenzione a basso costo è urgente, urgentissima. Se non si fa quello, salta tutto».
Si parla di alcuni nomi per il Ministero della Salute. Tra gli altri il leghista Massimo Garavaglia, i pentastellati Giulia Grillo e Pierpaolo Sileri…
«Non conosco Sileri e Grillo. Garavaglia è uno intelligente, molto bravo, lo vedo bene. Però non è un medico ma un economista».