La sanità italiana sempre più divisa in due con ben 29 milioni di italiani che potrebbero avere serie difficoltà. Le performance sanitarie per il 2023 vedono infatti otto tra Regioni e Province autonome promosse, sette rimandate e sei bocciate. Sono i risultato del rapporto «Le performance regionali» del Crea Sanità, Centro per la ricerca economica applicata in sanità, presentato oggi a Roma
La sanità italiana sempre più divisa in due con ben 29 milioni di italiani che potrebbero avere serie difficoltà. Le performance sanitarie per il 2023 vedono infatti otto tra Regioni e Province autonome promosse, sette rimandate e sei bocciate. Le valutazioni si sono basate su sei elementi: appropriatezza, equità, sociale, esiti, economico-finanziari, innovazione. A scattare la fotografia è l’XI edizione del rapporto «Le performance regionali» del Crea Sanità, Centro per la ricerca economica applicata in sanità, presentato oggi a Roma. Un quadro in cui si sottolinea la nuova impostazione dell’assistenza che punta sul territorio e sulla domiciliarità, come «prescritto» dal Pnrr e dal decreto 77/2022 di riordino dell’assistenza territoriale e che si affianca al nuovo sistema di garanzia per il controllo dei Livelli essenziali di assistenza.
Nel dettaglio i dati restituiscono un Italia divisa in due, con circa 29 milioni di cittadini nelle prime otto Regioni che possono stare relativamente tranquilli e altri 29 milioni nelle Regioni rimanenti che potrebbero avere serie difficoltà nei vari aspetti delle dimensioni considerate. Veneto, Trento e Bolzano hanno ottenuto il miglior risultato 2023 (con punteggi che superano la soglia del 50% del risultato massimo ottenibile, rispettivamente: 59%, 55% e 52%). Toscana, Piemonte, Emilia-Romagna, Lombardia e Marche vanno abbastanza bene, con livelli dell’indice di performance compresi tra il 47% e il 49%.
Se Liguria, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Umbria, Molise, Valle d’Aosta e Abruzzo raggiungono livelli di performance abbastanza omogenei, seppure inferiori, compresi nel range 37-43%, Sicilia, Puglia, Sardegna, Campania, Basilicata e Calabria, hanno livelli di performance che risultano inferiori al 32%. Nel rapporto le performance sono chiaramente indicate Regione per Regione nel modo più semplice: i valori degli indicatori sono stati associati a due colori differenti, verde se il valore è migliore della media nazionale e rosso se è peggiore.
Il Veneto, la Regione che ha ottenuto i risultati migliori, presenta tutti gli indicatori delle prime quattro dimensioni per importanza «verdi’» E solo nella dimensione economico-finanziaria ha due «rossi» per quanto riguarda la spesa sanitaria pubblica e l’incidenza dei consumi sanitari sul totale dei consumi; e nella dimensione innovazione non va l’attuazione del fascicolo sanitario elettronico. La Calabria, la Regione coi risultati peggiori, è quasi tutta «rossa»: su 18 indicatori, in verde ha solo quelli sull’ospedalizzazione evitabile per malattie croniche, l’indice di salute mentale, la spesa pro-capite standardizzata, l’implementazione della rete oncologica e lo sviluppo del fascicolo sanitario elettronico. Le valutazioni sono state assegnate quest’anno da oltre 100 esperti, messi insieme in cinque grandi gruppi: istituzioni, management aziendale, professioni sanitarie, utenti, industria medicale, che hanno anche ideato un sistema di monitoraggio dinamico degli effetti dell’autonomia differenziata, che da oggi è oggetto di valutazione da parte del Crea e dei suoi esperti.
In prospettiva, l’obiettivo del Crea e degli oltre 100 stakeholder sarà verificare che con l’autonomia differenziata non si generino arretramenti regionali, ovvero che tutte le Regioni procedano in un processo di miglioramento, evitando peggioramenti attribuibili al rischio che l’autonomia diventi più competitiva che cooperativa. Come? Osservando le variazioni di un nucleo di indicatori permanenti, per comprendere le dinamiche, in particolare attraverso tre indicatori: il primo, basato sulle variazioni dell’area delle performance peggiori regionali; il secondo, sul numero di miglioramenti o peggioramenti di tali performance ed il terzo, sulla diversa dinamica registrata dagli indicatori nelle Regioni a cui sarà stata riconosciuta un’autonomia differenziata in sanità, rispetto alle restanti.
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