Anche il personale ha subito un calo Iardino (Fondazione The Bridge): «L’impatto sulle Regioni si è visto durante la pandemia Covid»
In dieci anni, tra il 2007 e il 2017, il Servizio sanitario nazionale italiano ha visto una forte diminuzione delle strutture di ricovero, sia pubbliche (-22%) che private (-11%), la riduzione complessiva di posti letto ospedalieri (-35.797) e un continuo calo degli investimenti da parte dello Stato. Sono alcuni dei dati principali di uno studio della Fondazione The Bridge che fotografa l’impatto delle politiche sanitarie nazionali degli ultimi anni sulla macchina dell’assistenza e sulla situazione nelle regioni.
L’analisi evidenzia come nel Paese si è passati da 12 posti letto per 1000 abitanti nel 1969 ai 3,5 attuali. Inoltre, il valore del finanziamento ordinario dello Stato al Ssn in rapporto al Pil dal 2010 «è in continuo calo, con una percentuale di spesa sanitaria prevista per il 2021 intorno al 6,3%, rispetto al 6,8% del 2014». Un dato che la Fondazione The Bridge definisce “allarmante, soprattutto se raffrontato ad altri Paesi Europei come Francia e Germania, dove l’investimento di fondi pubblici destinati alla sanità supera i 2.850 euro pro-capite a fronte dei soli 1.844 euro dell’Italia (fonte Istat 2016)».
«La nostra analisi – afferma Rosaria Iardino, presidente della Fondazione The Bridge – vuole mettere in evidenza come l’applicazione di alcune norme e politiche sanitarie a livello nazionale abbiano avuto e hanno tuttora un impatto sull’organizzazione regionale. Il concetto di federalismo, che doveva essere caratterizzato dalla solidarietà, si è però trasformato in un sistema a macchia d’olio, dove 21 Sistemi sanitari regionali hanno adottato politiche sanitarie differenti e disomogenee. A fronte di ciò – continua Iardino – lo Stato, con alcune sue scelte politiche a livello nazionale, ha esasperato le disparità locali adottando, negli ultimi dieci anni, anche importanti tagli lineari che hanno, talvolta, impedito alle Regioni di reagire con efficienza ed efficacia agli impatti sanitari, come si è visto per la pandemia di Covid».
Anche per quanto riguarda il personale ospedaliero, nello studio si evidenzia che «la tendenza è sempre orientata verso una costante riduzione. Dal 2007 al 2019 il personale negli ospedali pubblici è diminuito del -7%, i medici del -6% (con un rapporto medici del Ssn/1.000 abitanti passato dal 19,1 al 17,6), gli infermieri del -5% (con un rapporto infermieri del Ssn/1.000 abitanti passato da 46,9 a 44,3). Una riduzione da addebitare principalmente alle misure di contenimento della spesa previste con la Legge 191/2009, sbloccate solo nel 2019, e al cosiddetto ‘blocco del turnover’ definito con la legge n. 296 del 2006″.
Rispetto all’Unione Europea, il numero totale dei medici per abitante in Italia è superiore alla media (4,0 rispetto al 3,6 per 1.000 abitanti nel 2017), ma il numero dei medici che esercitano negli ospedali pubblici e il numero di medici di medicina generale è comunque in calo. L’Italia impiega «meno infermieri rispetto a quasi tutti i paesi dell’Europa occidentale» e il loro numero è «notevolmente inferiore» alla media Ue.
Altro fattore da rilevare, spiegano gli autori dello studio, è che negli ultimi anni le borse di specializzazione sono risultate «inferiori al numero dei laureati chiamati ad accedervi e agli stessi fabbisogni indicati dalle Regioni». Nel 2018, infatti, sono state bandite 6.934 borse a fronte di un fabbisogno stabilito dalla Conferenza Stato-Regioni di 8.569. Solo nel 2019, con 8.000 borse con finanziamento statale e 8.776 borse totali, il numero di posti è stato superiore al fabbisogno indicato dalle Regioni (8.523).
Rilevante è anche «il fattore del cosiddetto ‘imbuto formativo’ che nel 2018 coinvolgeva 8.090 medici. Secondo l’Anaao-Assomed, a partire dai dati degli specializzandi e ipotizzando che tra il 2018 e il 2025, dei circa 105.000 medici specialisti attualmente impiegati nella sanità pubblica, ne potrebbero andare in pensione la metà (52.500), per il 2025 si prevede una importante carenza di circa 16.500 specialisti».
Infine, per il concorso di medicina generale del triennio 2020-2023, prosegue l’analisi, è stato previsto un totale di borse di studio «pari a 1.302, distribuite per Regione: un numero che non sembra tenere in conto le problematiche sia del pensionamento che dell’imbuto formativo».
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