Salute 12 Dicembre 2018 10:40

Sanità. La ricetta anti-corruzione di Carlo Cottarelli: «La colpa è dei ‘sette peccati capitali’. Dosare nel modo giusto prevenzione e repressione»

«Troppa burocrazia e corruzione i mali che colpiscono questo settore» sottolinea l'economista secondo cui «è necessario migliorare tutta la gestione della pubblica amministrazione»
di Isabella Faggiano
Sanità. La ricetta anti-corruzione di Carlo Cottarelli: «La colpa è dei ‘sette peccati capitali’. Dosare nel modo giusto prevenzione e repressione»

«Se fosse una corsa ciclistica, sarebbe come rallegrarsi di andare più veloci senza accorgersi di avere iniziato un tratto in discesa. In realtà, anche in discesa il distacco dal gruppo sta aumentando». Carlo Cottarelli, nell’introduzione al suo ultimo libro “I sette capitali dell’economia italiana”, utilizza una metafora sportiva per rendere più chiari i numeri della crisi.

Cottarelli descrive un’economia «cresciuta poco negli ultimi vent’anni, che ha accelerato un po’ nel 2017, quando hanno accelerato anche tutti gli altri paesi».  All’origine di tutti i mali ci sarebbero sette errori gravissimi –  i sette peccati capitali – che hanno messo in ginocchio molti settori, quello sanitario compreso.

«La troppa burocrazia e la corruzione sono i due peccati che interessano in particolar modo la Sanità – ha spiegato Carlo Cottarelli, ai microfoni di Sanità Informazione, a margine dell’evento “Il peccato capitale della corruzione in Sanità”- . Tutti problemi molto seri che vanno corretti presto, se vogliamo a crescere più rapidamente di quello che stiamo facendo e di quello che abbiamo fatto negli ultimi anni».

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Secondo alcuni dati diffusi dall’Ispe Sanità, l’Istituto per la promozione dell’etica in Sanità, che ha ospitato e promosso l’iniziativa, la corruzione in Sanità ha un impatto del 5% della spesa sanitaria, per un totale di circa 110 miliardi di euro.

Evasione fiscale, lentezza della giustizia, crollo demografico, incapacità di stare nell’euro, divario tra Nord e Sud sono gli altri cinque peccati che, con la burocrazia e la corruzione, completano la lista dei sette peccati capitali elencati da Carlo Cottarelli. Errori che per l’economista italiano, noto anche come Mr. Spending review per la sua nomina a commissario straordinario di revisione della spesa pubblica nel 2013 dal governo Letta, possono essere corretti uno ad uno.

Per la ricetta anticorruzione sono due gli ingredienti fondamentali, da dosare nel modo giusto senza che l’uno escluda l’altro: prevenzione e repressione. «È senza dubbio necessario migliorare tutta la gestione della pubblica amministrazione – ha sottolineato l’economista italiano – ma contemporaneamente bisogna mettere in campo sia un’attività di prevenzione della corruzione che di repressione. Alla prevenzione oggi, rispetto alla passato, si dedica più attenzione, ma la si attua in un modo un po’ troppo burocratico».

Sul fronte repressione, invece, Cottarelli preferisce aspettare i dettagli del testo anti-corruzione: «Nella legge in discussione in Parlamento si parla di Daspo a vita per chi ha condanne superiori a due anni, ma l’80% dei reati di corruzione – ha specificato l’economista – avendo pene inferiori ai ventiquattro mesi sarebbe escluso. Spero che si riesca a superare quella che è una triste abitudine italiana di “un campo contro l’altro”, facendo lavorare insieme, almeno per una volta, i sostenitori della  prevenzione con coloro che chiedono la repressione».

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Ma la legge anticorruzione non è l’unica ad avere il potere di cambiare le cose. Quest’anno le misure legislative che segneranno il destino della Sanità sono state spacchettate in più provvedimenti: dalla finanziaria, al decreto fiscale, fino ai decreti “semplificazioni” e “concretezza”. Come andrà a finire? Per Cottarelli la questione più urgente è «la discussione della Commissione europea sul possibile inizio di una procedura per deficit eccessivo. Non so come si concluderà – ha aggiunto -. Comunque vada, al meglio si finirà con un deficit del 2% che, fondamentalmente, lascia immutate le cose rispetto agli anni scorsi. Abbiamo sempre avuto un deficit di queste dimensioni, anzi – ha sottolineato l’economista – anche un po’ più alto, se si considera che pagavamo più interessi e che ora i tassi sono scesi. Non c’è dunque un grosso cambiamento. Il che vuol dire che il rapporto tra debito pubblico e Pil non scenderà molto. Una situazione che – ha concluso – ci lascia esposti a possibili incidenti di percorso».

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