La responsabile regionale dell’Associazione Italiana Ospedalità Privata contesta il blocco della mobilità interregionale verso le regioni sotto commissariamento: «Lazio penalizzato a vantaggio delle regioni del nord»
L’ultimo rapporto “Ospedali&Salute 2017” promosso dall’Associazione italiana ospedalità privata (Aiop) traccia un bilancio in chiaroscuro della sanità italiana con un trend che lascia presagire un futuro complicato. Colpa dei tagli alla sanità: la spesa per il Servizio sanitario nazionale, cresciuta a livello assoluto, è in realtà calata al 6,5% del Pil, secondo l’Oms soglia di allarme al di sotto la quale si riduce l’aspettativa di vita delle persone, l’accesso alle cure e la qualità dell’assistenza. Un dato che trova riscontro nelle statistiche fornite dal presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Walter Ricciardi, secondo le quali gli abitanti del nord hanno una aspettativa di vita superiore di quattro anni a quella dei cittadini del sud Italia. A questo va aggiunto l’aumento della spesa sanitaria privata, in rialzo del 22,4% nell’ultimo decennio. In questo quadro, il ricorso agli ospedali privati accreditati o a cliniche private a pagamento, in alternativa alle strutture pubbliche, risulta essere una decisione che si stabilizza, negli ultimi 3 anni, attorno al 41% dei caregiver per la prima scelta e al 20% per la seconda. Abbiamo parlato di questi e di altri temi con Jessica Faroni, Presidente dell’Associazione Italiana Ospedalità Privata Lazio.
Dottoressa Faroni, lo studio presentato dall’Aiop mostra luci e ombre del Sistema sanitario. Il dato principale è il definanziamento progressivo in percentuale al Pil del comparto sanità. Come valuta questi dati?
«Sono dati che in parte conoscevamo e sono purtroppo quello ci aspettavamo ed è successo. È diminuita di fatto l’aspettativa di vita perché si è definanziato il sistema. Questo per tutta una serie di motivi, vuoi per i pronto soccorso, vuoi per il sovraccarico degli operatori sanitari, vuoi per le tecnologie non avanzate, ci sono tanti motivi per cui è successo questo. I numeri parlano da soli. Un definanziamento del genere provoca in un paese come il nostro dei disagi e dei danni fortissimi».
Il tasso di mobilità regionale a livello nazionale indica che le regioni sotto commissariamento hanno una maggiore percentuale di mobilità interregionale…
«Questa è una cosa che non conosce nessuno. È stato fatto un decreto 8 anni fa in cui si vietava la mobilità. Cioè noi del Lazio non potevamo accogliere pazienti fuori regione, non ci venivano pagati perché per qualche strano motivo le Regioni in piano di rientro non potevano accogliere pazienti da fuori regioni. Noi ci siamo battuti in tutti i modi, io soprattutto perché ero già all’epoca presidente Aiop Lazio, ottenendo pochissimi risultati. Questo ha comportato che regioni come la Lombardia e l’Emilia Romagna hanno vissuto in parte anche alle spalle del cittadino del Lazio che di fatto qui si vedeva i budget tagliati con liste d’attesa lunghe, mentre al nord aveva più libertà di poter andare. Noi del Lazio che potevamo rappresentare una attrattiva forte nei confronti di altre regioni siamo stati bloccati».
Come giudica l’operato della Giunta Zingaretti nel Lazio?
«Alla fine lo definisco abbastanza positivo per una serie di motivi. Il primo è che c’è stata una durata lunga in un momento storico molto difficile sia sul fronte della stabilità politica che su quello della mancanza di soldi. Cioè il definanziamento della sanità in una regione in piano di rientro amplifica un problema livello nazionale e lo porta a livello regionale».