«In tal senso la prima cartina al tornasole è rappresentata dall`imminente Nota di Aggiornamento del DEF 2019», sottolinea Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione Gimbe
Negli ultimi 10 anni il finanziamento pubblico alla sanità è stato decurtato di oltre 37 miliardi di euro, di cui circa 25 miliardi nel 2010-2015 per tagli conseguenti a varie manovre finanziarie ed oltre 12 miliardi nel 2015-2019, quando alla sanità sono state destinate meno risorse di quelle programmate per esigenze di finanza pubblica. In termini assoluti il finanziamento pubblico in 10 anni è aumentato di 8,8 miliardi euro, crescendo in media dello 0,9% annuo, tasso inferiore a quello dell’inflazione media annua (1,07%).
Il report della Fondazione Gimbe sul definanziamento del servizio sanitario nazionale documenta che nell’ultimo decennio tutti i governi hanno attinto alla spesa sanitaria per esigenze di finanza pubblica. «Nell’ultimo decennio – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione Gimbe – tutti i Governi hanno contribuito a sgretolare il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), la maestosa opera pubblica costruita per tutelare la salute delle persone. Con il nuovo Esecutivo a breve impegnato nell’aggiornamento del Documento di Economia e Finanza 2019 e, soprattutto, nella stesura della Legge di Bilancio, la Fondazione GIMBE pubblica un report sul definanziamento 2010-2019 del SSN al fine di stimare, al di là dei proclami, la reale entità delle risorse necessarie a rilanciare la sanità pubblica».
Il Report Gimbe analizza entità e trend del definanziamento del SSN nel periodo 2010-2019, traccia le prospettive a medio termine tenendo conto delle risorse assegnate dalla Legge di Bilancio 2019 e delle previsioni del DEF 2019, analizza le ragioni della mancata stipula del Patto per la Salute che rischia di compromettere le risorse aggiuntive 2020-2021 e illustra la posizione dell`Italia rispetto ai paesi dell`OCSE e del G7 in termini di spesa sanitaria. Dal report emerge l`imponenza del definanziamento pubblico 2010-2019, visto che tutti i Governi per fronteggiare le emergenze finanziarie del Paese hanno ridotto la spesa sanitaria, di fatto il capitolo di spesa pubblica più facilmente aggredibile.
«Le prime dichiarazioni del neo Ministro della Salute – continua Cartabellotta – non lasciano dubbi sulla volontà di preservare e rilanciare una sanità pubblica e universalistica e di rifinanziare il SSN». Infatti, Roberto Speranza ha identificato nella carta Costituzionale il “faro” per il suo programma, affermando che “la spesa sanitaria non è un costo ma un investimento per la salute». Tuttavia, il Programma di Governo e il discorso per la fiducia alle Camere del Premier Conte, al di là della volontà di attuare “un piano straordinario di assunzioni di medici e infermieri”, contengono solo un generico impegno a difendere la sanità pubblica, senza prevedere esplicitamente il rilancio del finanziamento per il SSN. «In tal senso – puntualizza Cartabellotta – la prima cartina al tornasole è rappresentata dall`imminente Nota di Aggiornamento del DEF 2019: ad esempio, se si volesse attuare la cosiddetta “Quota 10” proposta dal Partito Democratico (€ 10 miliardi di investimenti aggiuntivi nei prossimi 3 anni) occorrerebbe incrementare il rapporto spesa sanitaria/PIL almeno dello 0,2-0,3% per ciascuno degli anni 2020-2022».
«Inoltre – continua il presidente – considerato che almeno il 50% degli oltre 37 miliardi di euro sottratti alla sanità pubblica negli ultimi 10 anni sono stati “scippati” al personale dipendente e convenzionato, il piano di assunzioni straordinarie di medici e infermieri citato dal Programma di Governo se da un lato sicuramente contribuirà a risolvere la carenza di risorse umane, dall’altro non concretizza nessun rilancio delle politiche per il personale sanitario che non deve solo essere adeguatamente “rimpiazzato”, ma soprattutto (ri)motivato con l`allineamento delle retribuzioni a standard europei».
«Pertanto se tutte le forze politiche del nuovo esecutivo dichiarano in maniera convergente di voler “difendere la sanità pubblica” – conclude il presidente – devono prendere atto che il tempo è ormai scaduto: le parole non sono più sufficienti, ma servono azioni concrete in tempi rapidi».