Creato in laboratorio o partito da un animale? La discussione si infiamma ogni due o tre mesi, ma invece che arrivare ad una verità assoluta rischia solo di allontanare la Cina ancora di più. Gli scienziati chiedono di moderare i toni
Ci conviviamo da quasi due anni, eppure l’origine di SARS-CoV-2 è ancora avvolta nel mistero. Naturale conseguenza del sovra-utilizzo delle risorse naturali e dell’aumento della popolazione, misto alle condizioni adatte in un luogo specifico oppure creazione artificiale e sperimentale sfuggita da un laboratorio di Wuhan? Nonostante l’assenza di prove a favore, la seconda opzione torna ciclicamente ad essere discussa dall’opinione pubblica.
L’ipotesi non è sempre stata proprietà dei complottisti di tutto il mondo, anche l’Organizzazione mondiale della Sanità ha mostrato di avere a cuore la scoperta della verità. Nei primi mesi dell’anno è stata infatti inviata una delegazione in Cina con il fine di indagare le origini della pandemia. Quanto scoperto però non ha soddisfatto a pieno nessuna delle due idee.
Ora però, un numero importante di voci si è alzato dall’universo scientifico con la richiesta di abbassare i toni accusatori ripresi da media e persone comuni. Si rischia altrimenti di esacerbare le tensioni tra Cina e resto del mondo, specie gli Stati Uniti dove la discussione è più aperta che mai. Di conseguenza anche le collaborazioni scientifiche potrebbero subirne delle conseguenze.
L’ennesimo ritorno in auge dell’idea del virus fabbricato in laboratorio è stato scatenato da un articolo pubblicato su Science che chiedeva di indagare ulteriormente sull’ipotesi. Proprio citando la missione Oms e il fatto che le ricerche del team specializzato si siano focalizzate su una origine animale di SARS-CoV-2. Dal pipistrello all’uomo con il tramite di un animale sconosciuto da cui si è compiuto il salto di specie.
La conclusione in quel caso è stata: una fuga da laboratorio è molto meno probabile dell’origine animale. Ma il fatto che quest’ultima non sia stata confermata ha portato media, politici e persone di spettacolo a cercare altre prove in senso contrario. Si è parlato anche di una fuga di notizie dall’Istituto di virologia di Wuhan, coperto dal governo cinese.
Uno degli autori dell’articolo su Science, il dottor David Relman, microbiologo di Stanford, continua a difendere il suo punto di vista. Dice di essere stato frainteso: «Non volevo dire che ha origine in laboratorio, ma che il team Oms ha avuto troppa fretta nel bollare l’origine animale come altamente probabile».
A questo si aggiunge la notizia diffusa sul Wall Street Journal su un documento che mostrerebbe come tre ricercatori del laboratorio di Wuhan avessero sintomi simili a quelli del Covid già nel novembre 2019. Documento diffuso da un ex funzionario dell’amministrazione Trump in forma anonima. Il ministero degli Esteri cinese ha risposto: «Gli Stati Uniti continuano a fare affermazioni incoerenti e ad alzare clamore per potere indagare su Wuhan».
Insistere con la Cina per una teoria per cui ad oggi non ci sono prove concrete, potrebbe sembrare una vera e propria accusa. Con l’unica conseguenza di allontanare ulteriormente le due potenze e ostacolare il dibattito scientifico. Anche sui vaccini, dove l’aiuto della Cina è fondamentale, creare una collaborazione in un clima di sospetto non è facile. Il governo cinese mostra molte difficoltà nel dialogare con i Paesi occidentali, ma farlo addirittura sotto accusa sarebbe impossibile.
Va ricordato che scoprire l’origine di un virus è una missione molto difficile anche con i mezzi della modernità. L’origine di molti focolai di Ebola sono ad oggi sconosciuti e sono serviti 14 anni perché si trovassero le prove concrete che l’epidemia di Sars del 2002-04 sia stata causata da virus trasmesso dai pipistrelli alle civette e poi all’uomo.
Il parere della comunità scientifica sembra quindi essere unanime: non bisognerebbe concentrarsi su questo perché ad oggi non ci è di alcuna utilità. La collaborazione invece è essenziale e può salvare molte più vite.
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