Nove adolescenti su 10 affermano che studiare materie scientifiche li aiuterà a risolvere i grandi problemi del mondo. Nei prossimi 10 anni, secondo un sondaggio Save the Children, i più giovani vedono l’invecchiamento, il clima e le disuguaglianze come i temi su cui dovrà concentrarsi il sapere scientifico
Otto adolescenti su 10 sono convinti che la scienza sia «basata su dati e non su speculazioni», «orientata al bene comune e non all’interesse di pochi». I più giovani hanno fiducia nel potere del sapere scientifico per risolvere le grandi sfide del pianeta, la crisi climatica in primis. Tema che insieme all’invecchiamento della popolazione, alle diseguaglianze socio-economiche e all’energia sostenibile per 1 adolescente su 3 incarna gli obbiettivi che la scienza dovrà affrontare nei prossimi 10 anni. A fornire i dati è l’indagine Ipsos per Save the Children sulla “Cittadinanza scientifica ai tempi dei Coronavirus”, pubblicata dall’Atlante dell’infanzia a rischio.
La fotografia mostra una popolazione di adolescenti che vede nella scienza la chiave per capire il domani. Quasi 9 su 10 sono convinti che studiare materie scientifiche li aiuterà e l’87% dichiara di apprezzarle. Più ragazzi (92%) che ragazze (81%). Chi è rimasto fuori e afferma di non apprezzare lo studio di queste materie afferma di trovarle troppo difficili (58%) o di non aver avuto insegnanti abbastanza coinvolgenti (48%). Resta comunque al 67% la percentuale di ragazzi che afferma di volersi iscrivere ad una facoltà scientifica al termine degli studi.
I ragazzi hanno anche elencato quelli che dovranno essere gli obbiettivi della scienza per il futuro: vince ovviamente la pandemia (54%), segue la lotta al cancro (38%), lo smaltimento dei rifiuti (32%), la produzione di energia sostenibile (31%) e la fame nel mondo (29%). Ma tra i problemi più urgenti vi saranno l’invecchiamento della popolazione (33%), la produzione di energia sostenibile (32%) e le diseguaglianze economiche (27%). C’è molta coerenza anche nelle organizzazioni che individuano per rappresentarsi: Ong e le organizzazioni di volontariato (35%), i movimenti come Friday for Future o Black Lives Matter (27%), meno gli influencer (19%) e solo per il 10% alcuni partiti politici. A dimostrare che questa è una generazione disposta a impegnarsi per il proprio pianeta e le ingiustizie che lo affliggono. Il 10% dei giovani italiani tra 14 e 19 anni nel 2020 ha svolto attività di volontariato e in un solo anno la loro partecipazione civica e politica è salita al 45%, quando era al 36,8% nel 2019.
Nel 2020, sottolinea Save the Children, sono stati iscritti all’anagrafe 404.104 nuovi nati e immatricolate 1.437.259 vetture, 3,5 per ogni nuovo nato. Un dato, quello della motorizzazione privata, che confrontato con la disponibilità di autobus per il trasporto pubblico locale, fondamentale per la mobilità degli adolescenti, che è in media di 76 mezzi ogni 100mila abitanti. Ancora troppo pochi a basse emissioni. Sono poi pochissimi i bambini e i ragazzi tra i 6 e i 17 anni che utilizzano solo mezzi di trasporto pubblici per andare a scuola: poco più di uno su 4 (25,9%), con la percentuale che scende a meno di uno su 5 al Sud e nelle isole (18,6%).
«I ragazzi ormai non abitano più le città ma i loro contenitori, come la casa, la scuola, i luoghi dello sport e quelli della famiglia. Hanno scarsa mobilità, hanno perso la dimensione urbana e vivono in una sorta di bolla di sicurezza che non li porta lontano da casa, con il rischio, per molti, di vivere segregati in periferie prive di opportunità. In Italia, sono quasi 2 milioni i minori (il 21,3% del totale) che vivono in aree inquinate e dove, nel 2020, circolavano oltre 4 autovetture per ogni minore residente», conclude il rapporto.
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