Quasi un bambino su cinque (17,9%) nato quest’anno verrà al mondo senza la presenza di un medico, di un’ostetrica o di un’infermiera, con gravi rischi per i nascituri e le loro madri, poiché i conflitti e i cambiamenti climatici rendono irraggiungibili i servizi essenziali per la salute materna. A lanciare l’allarme è l’organizzazione Save the Children
Quasi un bambino su cinque (17,9%) nato quest’anno verrà al mondo senza la presenza di un medico, di un’ostetrica o di un’infermiera, con gravi rischi per i nascituri e le loro madri, poiché i conflitti e i cambiamenti climatici rendono irraggiungibili i servizi essenziali per la salute materna. A lanciare l’allarme è l’organizzazione Save the Children, che oggi ha diffuso una nuova analisi, dalla quale è emerso che più di un quinto delle nascite (22,2%) avverrà al di fuori di una struttura sanitaria, con una percentuale che vendita a quasi la metà nelle zone di conflitto.
Il rapporto stima che 24 milioni di madri partoriranno senza un medico, un’ostetrica o un’infermiera, e 28 milioni partoriranno al di fuori di una struttura sanitaria. L’aumento dei conflitti, dei disastri climatici e delle emergenze umanitarie, così come la rischiosa tendenza ad una minore tutela della salute riproduttiva e dei diritti umani, stanno frenando i progressi verso un mondo in cui il parto non sia più una minaccia mortale per milioni di donne. La Somalia sta affrontando l’impatto devastante della crisi climatica ed è per i bambini uno dei 10 peggiori Paesi al mondo. In tutto il Paese, solo il 31,9% delle donne partorisce in presenza di un medico, di un’ostetrica o di un’infermiera, il tasso più basso al mondo di assistenza qualificata al parto.
Rahma (nome di fantasia), 32 anni, ha recentemente partorito nell’ospedale di Beledweyne, con il sostegno di Save the Children e del Progetto Damal Caafimaad e ha raccontato agli operatori che i suoi precedenti parti in casa erano stati traumatici. “Quando ho partorito il mio ultimo figlio a casa è stata dura”, racconta. “Non sono riuscita a trovare un’infermiera professionale e ho avuto una forte emorragia. Era una situazione pericolosa, ho rischiato di morire”, aggiunge. Dopo un’esperienza così difficile tra le mura domestiche, Rahma ha potuto partorire il suo ultimo figlio in ospedale, sotto le cure dell’équipe ostetrica. “Dopo alcune ore di duro lavoro, ho dato alla luce un bambino sano. Si sono presi cura di noi e prima di lasciare l’ospedale ho parlato con un’infermiera dell’allattamento al seno e del sostegno che potevo ricevere”, sottolinea il report.
Save the Children sottolinea che i cambiamenti climatici stanno aumentando la frequenza e la gravità del caldo estremo e degli incendi, a loro volta associati a un maggiore rischio di nascite pretermine, di bambini nati morti e di conseguenze della gravidanza. In uno scenario globale in cui i conflitti aumentano di anno in anno, l’analisi ha inoltre rilevato che le madri incinte nelle zone di guerra hanno tre volte più probabilità di partorire senza un medico, un’ostetrica o un’infermiera. Dal rapporto emerge poi che quasi la metà delle nascite (44%) nelle zone di conflitto avviene al di fuori di una struttura sanitaria, mentre in altre aree il dato si ferma al 15%. In nessun altro luogo l’impatto devastante del conflitto è stato più evidente che a Gaza, si segnala ancora. Da una recente analisi di Save the Children è emerso che tra il 7 ottobre 2023 e l’inizio di aprile 2024 sono stati sferrati almeno 435 attacchi a strutture o personale sanitario, in media 73 al mese, si legge.
Fino ad un decennio fa, si rilevavano costanti progressi per garantire la salute materna a livello mondiale e raggiungere l’obiettivo fissato Nazioni Unite di 70 decessi ogni 100 mila nascite a livello globale entro il 2030, ma attualmente – fa notare Save the Children – ci troviamo una fase di stallo. Una ricerca dell’Organizzazione mondiale della sanità ha rilevato che ogni due minuti una donna muore per complicazioni dovute al parto o alla gravidanza. “Save the Children – si legge nella nota – esorta i governi a proteggere la vita di donne e bambini con un’efficace assistenza sanitaria di base, un’educazione riproduttiva e sessuale completa con relativi servizi a sostegno, il tutto adeguatamente finanziato in modo efficace e sostenibile devono, inoltre, opporsi con fermezza ad ogni arretramento dei progressi fatti in materia di salute sessuale e riproduttiva e di diritti umani”.
Sia nelle zone di conflitto che nelle zone maggiormente colpite dalla crisi climatica, fa notare Marionka Pohl, responsabile globale delle politiche sanitarie e dell’advocacy di Save the Children, “le bambine e i bambini sono i primi a soffrire, fin dalla nascita. In questi contesti, le madri e i loro piccoli hanno maggiori probabilità di essere a rischio di vita, con il risultato che un maggior numero di bambini cresce senza una madre e che tante donne vivono con l’angoscia di perdere i propri bambini fin dal momento della nascita. Tutte le donne, anche nelle aree più remote e pericolose del mondo, dovrebbero avere accesso alle cure mediche e ai servizi, così come al diritto di accedere ai servizi riproduttivi e all’istruzione. È fondamentale agire ora. Se perdiamo i progressi fatti negli ultimi decenni, saranno le donne e i bambini a pagarne il prezzo”.
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