Uno studio pubblicato sulla rivista Nature Mental Health ha identificato nel cervello dei pazienti con schizofrenia connessioni funzionali uniche, una sorta di firma cerebrale della malattia
Identificare i primi segni di schizofrenia con una risonanza magnetica particolare detta “funzionale”, cioè in grado di vedere le aree cerebrali attive e connesse tra loro (connessioni funzionali) in un dato momento. E’ la promessa che arriva da una ricerca di un team della Georgia State University secondo cui, appunto, questo tipo di imaging potrebbe offrire modi alternativi ai medici per identificare i primi segni di schizofrenia. Pubblicato sulla rivista Nature Mental Health, lo studio identifica nel cervello dei pazienti con schizofrenia connessioni funzionali uniche, una sorta di firma cerebrale della malattia.
“Questa ricerca rappresenta un balzo in avanti entusiasmante, offrendo una prospettiva completamente nuova per catturare le complesse e nascoste fluttuazioni all’interno delle reti funzionali cerebrali“, afferma Vince Calhoun, uno degli autori principali dello studio. Gli studi tradizionali di connettività funzionale cerebrale, che utilizzano scansioni fMRI per identificare schemi nell’attività cerebrale, offrono promettenti possibilità per scoprire le alterazioni nelle persone con disturbi cronici del cervello, come la schizofrenia. Tuttavia, tali studi si concentrano generalmente sulle relazioni lineari tra aree cerebrali, trascurando altri tipi di schemi. I ricercatori hanno sviluppato un metodo per estrarre mappe di reti cerebrali su larga scala, rivelando una dimensione in precedenza non riconosciuta dell’organizzazione cerebrale.
In modo sorprendente, il team ha scoperto che le reti cerebrali identificate con questa tecnica riflettono differenze tra individui con schizofrenia e soggetti sani che altrimenti rimarrebbero nascoste negli studi convenzionali sul cervello. Questi risultati individuano la possibilità di sfruttare le mappe per costruire biomarcatori clinici predittori della malattia. “Abbiamo scoperto questi nuovi schemi di connettività funzionale cerebrale utilizzando metodi statistici che vanno oltre i modelli mirati dalla maggior parte degli studi”, spiegano gli autori. “Questo approccio innovativo promette di rivoluzionare la nostra comprensione dei disturbi mentali, dell’invecchiamento, delle malattie neurodegenerative“, aggiunge. “La scoperta ci avvicina all’identificazione di un potenziale biomarcatore cerebrale per la schizofrenia, con profonde implicazioni per la diagnosi precoce e interventi mirati”, conclude.
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