Anche la Uil interrompe la mobilitazione. «Abbiamo avuto garanzia dalle regioni di un rinnovo contrattuale rapido, abbiamo avuto garanzie sul finanziamento» sottolinea il segretario della Fp Cgil Medici
Il fronte dello sciopero dei medici e degli operatori sanitari, convocato per il 23 febbraio, inizia a mostrare le prime crepe. Oggi la Fp Cgil Medici e Dirigenti Ssn e la Uil Fpl Coordinamento Nazionale delle Aree Contrattuali Medica, Veterinaria e Sanitaria hanno annunciato la revoca della protesta alla luce anche della convocazione dell’Aran prevista per il 20 febbraio. Una presa di posizione che era nell’aria già da ieri: durante la riunione dell’intersindacale medica era emersa una diversità di vedute rispetto ad altre sigle. Oggi infatti l’intersindacale medica ha confermato lo sciopero del 23 febbraio anche se dice disposta a «rivedere il calendario di protesta».
«Abbiamo vinto su tutti i fronti su quelle che erano le motivazioni del nostro stato di agitazione iniziale – spiega a Sanità Informazione il segretario della Fp Cgil Medici Andrea Filippi – Abbiamo ottenuto la convocazione, abbiamo avuto garanzia dalle regioni di un rinnovo contrattuale rapido, abbiamo avuto garanzie sul finanziamento perché è stato fatto l’atto integrativo per il comparto e a breve uscirà l’atto integrativo per la dirigenza. Il mantenimento dello sciopero in questo momento è un atto che non ha significato ma i cui significati non sono da ricondurre alle vere esigenze dei lavoratori»
Filippi, dunque si rompe sostanzialmente l’unità intersindacale?
«Su questa revoca dello sciopero sì, poi vedremo. L’intersindacale presumibilmente lo mantiene ma chiedetelo a loro».
Da quello che abbiamo colto ieri sembravano intenzionati a mantenerlo, salvo novità dal 20 febbraio.
«La loro intenzione è quella di revocarlo il 20, ma noi non capiamo perché. Noi preferiamo essere coerenti fino in fondo con le battaglie intraprese. Abbiamo fatto 15 giorni di trattativa con governo e regioni per avere garanzie di rinnovo contrattuale, aprire il tavolo e avere le finanze. Abbiamo vinto su tutti i fronti, ci sembra coerente e serio nei confronti della parte datoriale a questo punto revocare lo sciopero oggi prima di sedersi al tavolo».
Al tavolo delle trattative, quale sarà la quota che ritenete accettabile da un punto di vista economico per il rinnovo del contratto.
«Quella che è già stata finanziata, la quota accettabile è il 3,48% così come per tutti gli altri comparti. Noi siamo in una condizione per cui grazie all’accordo del 30 novembre 2016 è stata fatta un’operazione in cui si è ridato valore all’unità di tutti i comparti del pubblico impiego, parametrando un aumento contrattuale di 85 euro medi. Per noi questa parametratura corrisponde al 3,48% sulla massa salariale. Non è un aumento che va a risanare otto anni di blocco contrattuale, ma è comunque un contratto che noi riteniamo transitorio che ci consente di rimettere i paletti, soprattutto dalla parte normativa, su quegli aspetti di esigibilità del contratto che venivano continuamente mortificati nelle contrattazioni decentrate e non solo».
Ci sono altri aspetti del contratto abbastanza delicati, come gli orari e i tempari. Su questo cosa chiedete al governo?
«Su questo chiediamo che non sia fatta nessuna forma di deroga sulla legge europea sull’orario di servizio se prima non si rivedono i fabbisogni. Noi aspettiamo ancora un incontro al ministero della salute per capire su quali criteri fare il calcolo sui fabbisogni. Abbiamo superato il rischio che i calcoli venissero fatti sui criteri da tempari fatti dalla regione Piemonte. È girata invece una proposta che tiene in considerazione l’organizzazione del lavoro, però non l’abbiamo ancora ricevuta ufficialmente, aspettiamo la convocazione al ministero della Salute per rivedere il fabbisogno. A fronte di una revisione dei fabbisogni, di un loro finanziamento, solo a quel punto si potrà cominciare a ragionare di deroghe».