L’efficacia a lungo termine è stata dimostrata, per la prima volta, da uno studio retrospettivo condotto dai ricercatori dell’università di Genova e dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino. In primavera partirà in Italia uno studio clinico controllato randomizzato multicentrico
Si aprono nuove speranze di trattamento per i malati di sclerosi multipla aggressiva, una forma della malattia che, finora, ha risposto poco o nulla ai farmaci presenti sul mercato. Si chiama trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche ed è una possibilità per tutti quei pazienti che, a causa di uno stato particolarmente attivo della malattia, rischiano di peggiorare nel giro di qualche mese o, addirittura, in poche settimane.
«In primavera partirà anche in Italia uno studio clinico controllato randomizzato multicentrico, finanziato dalla Fondazione italiana sclerosi multipla, che sperimenterà l’efficacia del trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche su pazienti affetti da una forma aggressiva della malattia», spiega Matilde Inglese, professore di neurologia e responsabile del centro Sclerosi Multipla presso il DINOGMI (Dipartimento di Neuroscienze, riabilitazione, oftalmologia, genetica e scienze materno-infantili dell’Università di Genova). Studi simili sono già in corso in Germania, Norvegia, Inghilterra e Stati Uniti.
L’efficacia a lungo termine (10 anni) del trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche è stata dimostrata, per la prima volta, da uno studio retrospettivo condotto dai ricercatori dell’università di Genova e dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino. La ricerca, in parte finanziata dalla Fondazione Italiana Sclerosi Multipla (FISM) e pubblicata su Neurology, ha coinvolto 20 centri italiani. Sono stati studiati tutti i pazienti con sclerosi multipla aggressiva che hanno subito un trapianto in Italia dal 1998 al 2019, seguiti per un follow up medio di circa 6 anni. «I dati dimostrano che oltre il 60% dei pazienti non ha avuto un aggravamento della disabilità dopo 10 anni dal trapianto e, in molti casi, – sottolinea la professoressa Inglese – si osserva anche un miglioramento del quadro neurologico duraturo nel tempo».
In Italia, la sclerosi multipla colpisce circa 3.400 persone ogni anno, con un’età media di esordio che va dai 20 ai 40 anni. La maggior parte dei malati presenta una forma di malattia in cui il danno a livello neurologico si accumula nel corso degli anni. Esiste, invece, una piccola parte di pazienti, quasi il 10% dei casi, che presenta forme particolarmente severe.
«L’aggressività della malattia – spiega la neurologa – è associata ad alto stato infiammatorio che si esprime sia con ripetute ricadute cliniche, che con un’attività di malattia confermata dalla risonanza magnetica, che rende visibili sia la formazione di nuove lesioni, che l’attività di quelle già formate in precedenza».
Lo studio retrospettivo è servito a dimostrare che esiste un trattamento dal quale possono trarre giovamento anche quei pazienti che finora non avevano risposto ai trattamenti convenzionali approvati. Ora grazie allo studio clinico controllato randomizzato multicentrico della prossima primavera questa terapia potrebbe trasformarsi in una possibilità concreta per molti pazienti in tutta Italia.
I malati che risulteranno idonei alla sperimentazione potranno essere sottoposti al trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche. «Una terapia capace di fare la differenza per il trattamento delle forme aggressive di sclerosi multipla non solo per il suo effetto immediato – conclude Inglese – ma anche per la sua capacità di mantenere questa efficacia nel corso degli anni».
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