A rilevarlo è ATLAS, la più vasta indagine globale sulla malattia, pubblicata dalla Federazione Internazionale Sclerosi Multipla (MSIF) insieme alle Associazioni nazionali SM e presentata all’ECTRIMS
Nel mondo ogni 5 minuti viene diagnosticato un caso di sclerosi multipla. Ci sono 2,8 milioni di persone che vivono con la SM in tutto il mondo (un dato certamente sottostimato). Se si traducono i numeri in un dato medio mondiale, una persona su 3mila convive con la malattia. Questa stima globale è aumentata rispetto al 2013 in cui erano stimate 2,3 milioni di persone con SM nel mondo. In Italia si stimano oggi 126mila persone con SM e questo dato epidemiologico nazionale è metodologicamente corretto, come spiegato nel Barometro della SM in Italia pubblicato da AISM. Ma in molte altre nazioni il metodo di rilevazione è sottostimato o mancante.
A dare questa fotografia globale è Atlas, la più vasta indagine mondiale della malattia, presentata in occasione di MS Virtual 2020: 8th ACTRIMS/ECTRIMS meeting, il più importante appuntamento dell’anno per quello che riguarda la ricerca sulla sclerosi multipla. Questa terza edizione dell’Atlante (Atlas) della SM 2020 è stata pubblicato dalla Federazione Internazionale Sclerosi Multipla (MSIF), ed ha aggiornato le precedenti edizioni pubblicate nel 2008 e nel 2013: è il quadro più chiaro della SM in tutto il mondo e di come viene diagnosticata la malattia.
«La nostra vuole essere una richiesta di attenzione – ha commentato il Presidente di FISM (Fondazione Italiana Sclerosi Multipla), Mario Alberto Battaglia – sull’attendibilità dei dati. Per quanto si faccia uno sforzo enorme, se da alcuni Paesi, come l’Italia, si riesce ad ottenere dati assolutamente certi, da altri arrivano dati parziali o vecchi. Ovviamente parlo in particolare dei Paesi del terzo mondo».
Situazione, come detto, molto diversa per l’Italia: «Per quanto riguarda l’Italia, da circa 5 anni abbiamo la conferma dei dati attraverso i flussi che le Regioni tracciano attraverso l’incrocio con i codici fiscali degli ammalati. Questo ci permette di avere una stima solida di quante persone sono affette da sclerosi multipla nel nostro Paese. In altre parti del mondo ciò non avviene: si pensi agli Stati Uniti, i quali devono mettere insieme dati sparsi tra i vari centri, dato che non esiste un servizio sanitario nazionale, e assicurazioni. Lì fanno molta fatica ad avere dati certi come i nostri».
Ovviamente, lo stesso principio vale per qualsiasi malattia: «Se chiedo quanti sono i casi di turbercolosi nel mondo, anche l’OMS potrà darmi solo una stima in quanto nei Paesi più poveri spesso i casi non vengono tracciati. Lo stesso vale per il Covid».
Ma cosa comporta questa mancanza di dati? Perché è importante colmare il più possibile le lacune? «Ciò che è importante – spiega ancora Battaglia – è avere dati veri per conoscere le caratteristiche delle persone affette da sclerosi multipla e capire, di conseguenza, cosa c’è bisogno di fare, come intervenire dai bisogni ai servizi. I servizi sanitari hanno la necessità di valutare quali servizi fornire. Si pensi ai farmaci: se non si ha il dato epidemiologico esatto non si sa quanti potrebbero potenzialmente avere bisogno di quel farmaco». Insomma, se non si hanno dati certi non è possibile curare tutti quelli che ne hanno bisogno.
Come si può fare allora per colmare questa lacuna? «La raccomandazione che facciamo a livello internazionale è che ci sia uno sforzo di tutte le nazioni per avere un quadro quanto più esatto della situazione per dare le risposte sanitarie e sociali adeguate. A differenza di diversi decenni fa, anche i Paesi del terzo mondo stanno facendo uno sforzo consistente per fronteggiare la malattia cronica, in quanto costa molto di più di quella acuta. In Italia – conclude Battaglia – abbiamo fatto uno sforzo che dovrebbero fare anche gli altri Paesi: il registro di malattia. Da noi, purtroppo, non esiste un registro pubblico. Noi lo abbiamo fatto privatamente come fondazione. Il registro copre quasi 70mila persone, ovvero due terzi della popolazione italiana con sclerosi multipla. Noi lo offriamo all’ente pubblico che, però, deve fare la sua parte».
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