Salute 30 Settembre 2024 14:34

Sclerosi Multipla recidivante: ofatumumab conferma benefici in prima linea e nello switch terapeutico

Ofatumumab – il primo anticorpo monoclonale (mAb) anti-CD20 completamente umano – ha portato  a minore disabilità e a una minore progressione della malattia in persone con sclerosi multipla recidivante (SMR) con diagnosi recente e naïve al trattamento. Inoltre, il passaggio al farmaco dalla terapia endovenosa non ha prodotto nessuna lesione in T1. Questi dati emergono dagli studi ALITHIOS e OLIKOS presentati al Congresso ECTRIMS

Sclerosi Multipla recidivante: ofatumumab conferma benefici in prima linea e nello switch terapeutico

In occasione del convegno annuale dell’European Committee for Treatment and Research in Multiple Sclerosis (ECTRIMS), che si è tenuto a Copenaghen, Novartis ha annunciato i nuovi dati dello studio di estensione in aperto ALITHIOS.

Questi dati dimostrano che il trattamento di prima linea con ofatumumab fino a sei anni ha portato ad una minore disabilità e una minore progressione della malattia in persone con sclerosi multipla recidivante (SMR) con diagnosi recente (≤ 3 anni) e naïve al trattamento (Recently Diagnosed and Treatment Naïve, RDTN), rispetto a coloro che sono passati ad ofatumumab dalla terapia con teriflunomide.

Lo studio di fase IIIb OLIKOS a braccio singolo condotto negli Stati Uniti ha, inoltre, dimostrato che a 12 mesi tutti i pazienti con Sclerosi Multipla Recidivante clinicamente stabile che sono passati dalla terapia anti-CD20 per via endovenosa (EV) ad ofatumumab autosomministrato non hanno riscontrato nuove lesioni in T1 captanti il gadolinio rispetto al basale.

“Questi dati dimostrano che le persone con diagnosi recente di sclerosi multipla recidivante che hanno ricevuto ofatumumab in prima linea hanno avuto meno eventi di peggioramento della disabilità e una maggiore probabilità di essere liberi da progressione -osserva Marinella Clerico, Responsabile SSD Patologie Neurologiche Specialistiche, AOU San Luigi Gonzaga e Professoressa Associata del Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche UniTo – Risultati incoraggianti che dimostrano come l’adozione precoce di una terapia ad alta efficacia porta un beneficio significativo per il paziente, sia in termini di controllo della malattia sia sulla qualità di vita”.

“Novartis è impegnata nella ricerca e sviluppo nell’ambito delle malattie neuroinfiammatorie da oltre 80 anni. L’evoluzione terapeutica oggi ci consente di essere sempre più efficaci nel trattamento della sclerosi multipla recidivante – sottolinea Paola Coco, Medical Affairs Head di Novartis Italia – Ma il nostro obiettivo è quello di ottenere outcome sempre migliori e ridurre la progressione della disabilità: per questo continuiamo a studiare l’efficacia e la sicurezza delle nostre molecole in diverse popolazioni di persone affette da questa malattia e promuoviamo programmi di ricerca focalizzandoci su altri target e su piattaforme innovative.”

Lo studio ALITHIOS

I dati raccolti sulla popolazione complessiva dello studio ALITHIOS hanno dimostrato che l’uso continuo di ofatumumab è associato a un numero numericamente inferiore di eventi di peggioramento della disabilità confermata a 6 mesi (6mCDW) e progressione indipendentemente dall’attività di recidiva a 6 mesi (6mPIRA) per un periodo fino a sei anni, rispetto a coloro che sono passati ad ofatumumab dalla terapia con teriflunomide. Questi benefici sono apparsi più pronunciati nel sottogruppo naive al trattamento (RDTN), costituito da persone che hanno iniziato ofatumumab come primo trattamento entro tre anni dalla diagnosi.

I pazienti RDTN trattati con ofatumumab in modo continuativo hanno riscontrato maggiori probabilità di rimanere liberi da disabilità confermata a 6 mesi rispetto a quelli passati ad ofatumumab dalla terapia con teriflunomide (83,4% vs. 76,3%)

I pazienti RDTN trattati con ofatumumab in modo continuativo hanno, inoltre, riscontrato maggiori probabilità di essere liberi dalla progressione indipendentemente dall’ attività di recidiva a 6 mesi rispetto a quelli passati a ofatumumab dalla terapia con teriflunomide (88,9% vs 83,3%).

Tra i limiti dei risultati vi sono un potenziale bias associato al ritiro dei soggetti dallo studio e la natura in aperto dello studio di estensione.

Nessuna nuova lesione in T1 nei pazienti che sono passati dalla terapia endovenosa a ofatumumab. Lo studio OLIKOS

Lo studio OLIKOS, condotto negli Stati Uniti, ha analizzato 102 pazienti con SMR clinicamente stabile che sono passati dalla precedente terapia anti-CD20 per via endovenosa (99% da ocrelizumab) a ofatumumab. Per 84 pazienti con risultati di Risonanza magnetica disponibili non sono state osservate nuove lesioni Gd+ in T1 a 12 mesi, l’endpoint primario dello studio.
Inoltre, il 98% dei pazienti non ha sviluppato lesioni in T2 nuove/in espansione (NeT2) a 12 mesi, un endpoint esplorativo nello studio.

Gli eventi avversi emergenti dal trattamento (TEAE) si sono verificati con una frequenza simile a quella degli studi clinici di fase III ASCLEPIOS, senza che siano stati identificati nuovi eventi di sicurezza da segnalare. I TEAE riferiti più comunemente (≥ 10%) sono stati COVID-19, cefalea, affaticamento e infezione del tratto urinario. I livelli sierici medi di immunoglobuline G ed M (IgG e IgM) sono rimasti stabili fino a 12 mesi2.

“Il nostro studio su pazienti con sclerosi multipla recidivante che sono passati da un trattamento endovenoso ad alta efficacia a ofatumumab auto-somministrato per via sottocutanea ha mostrato un’assenza prolungata di lesioni Gd+ in T1 fino a un anno – conclude il ricercatore principale Le Hua, direttore delle operazioni cliniche presso la Cleveland Clinic – Ofatumumab è un trattamento efficace che offre ai pazienti con SMR la flessibilità di autosomministrarsi una terapia anti-CD20 a casa”.

 

 

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