Il vicepresidente della Simedet ha collaborato a lungo con l’immunologo, membro della stessa società: «L’ultima volta che l’ho visto, incredulo e indignato contro i no vax, piangendo ci ricordò delle decine di pazienti che morivano negli anni ‘60-‘70 per le complicanze della poliomielite, della rabbia, del morbillo. E poi quando mi vide con il piercing…»
Il nostro prof. non c’è più. Quanto dolore e quanto amore in queste ultime ore in cui ci sentiamo orfani per la perdita di un grande maestro. In questi giorni l’incredulità, la fatica, la dolcezza del ricordo hanno il volto del prof. Fernando Aiuti.
Il mio primo personale ricordo riguarda quando, studente nella III Clinica medica, mi venne chiesto, a bruciapelo, il giorno di Pasqua, dalla dolce dott.ssa Elena: «Stiamo cercando un volontario per un progetto in Africa, vuoi partire?». Da incosciente quale ero e come sono tutt’ora gli risposi subito ‘sì’ e lei mi disse: «Devi però parlare con il professor Aiuti, devi convincerlo che sei all’altezza». All’epoca, parliamo di metà degli anni 2000, il professor Aiuti era temuto dagli studenti e dai collaboratori per la sua severità, il suo “caratteraccio” ma nello stesso tempo era già stimato e ammirato da tutti e in tanti giovani studenti eravamo invidiosi degli “Aiutini” i collaboratori del professor Aiuti…erano giovani ma pieni di passione, così intelligenti, sapevano unire la clinica alla ricerca senza dimenticare l’umanità.
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Qualche giorno dopo andai dal Prof…io molto diverso dai suoi canoni…all’epoca avevo un piercing, non mi occupavo troppo dei formalismi e avevo sempre la battuta pronta. Ma incredibilmente scoccò la scintilla…e da quel momento fino ad oggi la mia strada si è incrociata con quella del professor Aiuti.
Da quel momento siamo rimasti sempre in contatto, mi ha fatto entrare nell’ANLAIDS e molti anni dopo io gli proposi di entrare nella società che stavamo creando, la SIMEDET, Società Italiana di Medicina Diagnostica e Terapeutica.
Alle sette della mattina lo vedevi già girare per la terza clinica medica, lui diceva «per evitare il traffico della Cassia», ma ho sempre creduto che fosse perché gli piaceva andare in reparto dai suoi pazienti all’inizio della giornata quando tutto era più calmo e poteva parlarci con più tranquillità e tempo.
Quanti ricordi si stanno raccogliendo in queste ore…ancora oggi alcuni degli “anziani” della III Clinica medica ricordano le battaglie contro lo stigma delle persone sieropositive e per far avere i farmaci antiretrovirali ai bambini che all’epoca non potevano riceverli e continuavano a morire.
Ci siamo visti l’ultima volta ad ottobre, incredulo e indignato contro i no vax, lui che, piangendo, ci ricordò delle decine di pazienti che morivano neglli anni ‘60-‘70 per le complicanze della poliomielite, della rabbia del morbillo.
Il prof Aiuti ha scavato nelle nostre vite, ci ha impartito una lezione unica: quella lezione, quel tratto caratteriale distintivo, quella capacità di rendere tutte le persone che incrociavano la sua strada consapevolmente uniche nel cuore e nella mente, quella forza d’animo nel domandare rigore intellettuale e nell’aiutare a vivere l’errore come opportunità di crescita e il successo, anche minimo, come importante conquista.
Avrei voluto “rubare” e imparare ancora di più da lei, Prof, facendo tesoro dei suoi insegnamenti ed è per questo che sento in piccola parte il peso di una eredità enorme che arriva in anticipo, ma che sono onorato di ricevere.
La vita è tutta in questo appassionato incontrarsi e costruire. Ciao maestro, che la terra ti sia lieve.