Secondo i risultati di una ricerca condotta in Humanitas, la progressione dello scompenso cardiaco è causata da una reazione autoimmune contro i tessuti del cuore sottoposti a stress. I ricercatori hanno anche testato un prototipo di vaccino
Lo scompenso cardiaco non ischemico, ovvero non causato da infarto, è stato a lungo considerato come una malattia meccanico-metabolica: il muscolo cardiaco, anche a causa dell’età o per via di restringimenti vascolari che ne aumentano lo sforzo, fatica a pompare il sangue in circolo. Secondo uno studio condotto nei laboratori di IRCCS Istituto Clinico Humanitas però, a guidare la progressione della patologia ci sarebbe una reazione autoimmune: cellule immunitarie – i linfociti T – riconoscono il tessuto cardiaco per via di alcune molecole prodotte dal cuore sotto stress, migrano all’interno dell’organo e attivano processi infiammatori che ne compromettono la funzione.
Il meccanismo scoperto potrebbe aprire la strada, in futuro, ad approcci terapeutici innovativi: i ricercatori hanno infatti isolato alcune delle molecole che generano la risposta autoimmune e le hanno utilizzate per sviluppare un prototipo di vaccino che, a differenza dei vaccini tradizionali che attivano il sistema immunitario, addestra il sistema immunitario a non attivarsi: un cosiddetto vaccino “tollerizzante”. Il vaccino, testato in un modello sperimentale della malattia, è riuscito a prevenire l’infiammazione e migliorare la funzione del cuore. A guidare lo studio, pubblicato su Circulation Research, sono Marinos Kallikourdis, professore associato di Humanitas University e responsabile del Laboratorio di Immunità Adattiva, e Gianluigi Condorelli, professore ordinario di Humanitas University, direttore del Programma di Ricerca in Cardiologia e del Cardio Center di IRCCS Istituto Clinico Humanitas.
“Il lavoro dimostra per la prima volta che lo scompenso cardiaco non-ischemico ha delle forti componenti auto-immuni: la sua progressione è guidata dal riconoscimento di specifiche molecole – i cosiddetti auto-antigeni – da parte dei linfociti T“, spiegano Kallikourdis e Condorelli. “Queste molecole sono sufficienti a produrre i sintomi, che a loro volta possono essere trattati agendo sul meccanismo di attivazione immunitaria. Si tratta di un risultato importante, anche se per ora limitato al modello sperimentale della malattia. I prossimi passi – continuano – saranno di validare quanto ottenuto in contesti clinici e proseguire nello sviluppo di modalità idonee per poter portare il nuovo set di soluzioni al letto del paziente in modo sicuro. Una strada lunga ma che vale la pena percorrere”.
Lo scompenso cardiaco è una condizione patologica comune e invalidante, che in Italia colpisce circa 600.000 persone, equivalenti a una su dieci tra gli over 65. Nei paesi industrializzati, rappresenta la principale causa di disabilità e mortalità nella popolazione anziana. Nonostante l’esistenza di terapie capaci di rallentare l’evoluzione della malattia, come ACE-inibitori, sartani, antialdosteronici e beta-bloccanti, individuare trattamenti più efficaci resta una delle sfide cruciali della cardiologia moderna. In questa direzione, Humanitas sta conducendo diversi progetti di ricerca innovativi.
“Negli ultimi dieci anni, grazie agli avanzamenti nel campo della cardio-immunologia, abbiamo compreso che l’infiammazione e il reclutamento delle cellule immunitarie nel cuore hanno un ruolo rilevante nella progressione dello scompenso cardiaco”, afferma Condorelli. “Senza questi processi, la malattia non evolverebbe fino a diventare la grave condizione che conosciamo. Lo studio appena pubblicato su Circulation Research dà un contributo nuovo in questa direzione: per la prima volta abbiamo dimostrato la presenza di un meccanismo autoimmune“.
Attraverso approcci sviluppati ex novo dai ricercatori di Humanitas per analizzare le proteine coinvolte nei processi immunitari, gli scienziati hanno studiato un modello sperimentale di scompenso cardiaco e hanno identificato le principali molecole – prodotte dal cuore in condizioni di stress – che vengono riconosciute dal sistema immunitario e ne attivano i processi pro-infiammatori. “Oltre a dimostrare in laboratorio che queste molecole sono sufficienti ad attivare il sistema immunitario e ridurre la funzione del cuore, abbiamo analizzato campioni di sangue provenienti da pazienti con scompenso cardiaco e abbiamo rilevato in essi la presenza di cellule del sistema immunitario in grado di riconoscere proprio quelle molecole: un’ulteriore prova della loro rilevanza clinica“, osserva Marco Cremonesi, ricercatore di Humanitas e tra i primi autori del lavoro.
I ricercatori hanno infine sviluppato e testato in laboratorio un prototipo di vaccino “tollerizzante”: un vaccino che sopprime – invece di sollecitare – la risposta del sistema immunitario, rendendolo tollerante alla presenza delle molecole identificate. “Come dimostrano questi primi esperimenti, seppur preliminari, scoprire che lo scompenso cardiaco è una malattia con una forte componente autoimmune ci permetterà di aprire la strada allo sviluppo di terapie innovative e più efficaci”, afferma Kallikourdis. “In questo senso il prototipo di vaccino tollerizzante che abbiamo testato è un esempio promettente di come la cardio-immunologia può cambiare l’approccio alle malattie cardiovascolari, perché ci permetterà di adattare strategie di trattamento proprie dell’immunologia al contesto cardiologico”.
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