Salute 5 Marzo 2025 17:05

Scoperte cellule “transformer” che rendono i tumori più aggressivi

Uno studio, pubblicato su Nature, svela un meccanismo particolare che è in grado di rendere le cellule tumorali particolarmente aggressive, trasformandole in qualcosa di diverso dalla cellula originaria
Scoperte cellule “transformer” che rendono i tumori più aggressivi

Uno studio, appena pubblicato su Nature a firma di ricercatori italiani del MD Anderson Cancer Center (Texas, USA), provenienti dall’Università Cattolica del Sacro Cuore e dei loro maestri, i professori Giampaolo Tortora e Alessandro Sgambato, svela un meccanismo particolare che è in grado di rendere le cellule tumorali particolarmente aggressive, trasformandole in qualcosa di diverso dalla cellula originaria. Risultati che confermano che il tumore non è un nemico unico da combattere, ma tanti diversi che, tra l’altro, si trasformano continuamente sotto i nostri occhi.

Una vera e propria transizione da un tipo di cellula a un’altra

I tumori si dividono in carcinomi, derivati dalle cellule epiteliali e nella grande famiglia dei sarcomi che originano dalle cellule mesenchimali. Le cellule tumorali sono eterogenee per natura e i noduli tumorali sono costituiti da cellule molto diverse tra di loro, che tra l’altro accumulano mutazioni in continuazione. Ma in alcuni tumori, come quello del pancreas, a complicare ulteriormente le cose, alcune di queste caratteristiche, acquisite strada facendo dalla cellula tumorale, risultano più “tipiche” delle cellule mesenchimali, che non delle cellule epiteliali. Gli esperti la chiamano epitelial mesenchimal transition (EMT), una vera e propria transizione da cellula epiteliale a cellula mesenchimale ed è un meccanismo che rende le cellule più aggressive, permettendo loro di sfuggire a vari tipi di controllo.

Nella transizione si verificano alterazioni macroscopiche del DNA

“Quando all’interno di un adenocarcinoma (un tumore che origina da un epitelio) è presente una componente mesenchimale – spiega Giampaolo Tortora, ordinario di Oncologia Medica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e Direttore del Comprehensive Cancer Center di Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS – l’atteggiamento di quella neoplasia è più aggressivo. Ma non solo. La transizione da cellula epiteliale a cellula mesenchimale comporta il caos all’interno del DNA della cellula. Si verificano cioè alterazioni macroscopiche del DNA, che diventano talmente numerose da provocare la frammentazione dei cromosomi (‘cromotripsi’). Questi ‘pezzi’ rotti inoltre si ricompongono, si riarrangiano tra loro a caso, in maniera disordinata, creando ulteriori disastri. Questo studio ha evidenziato che l’acquisizione di queste caratteristiche ‘mesenchimali’ porta a grossolane alterazioni nel DNA e ad una maggior aggressività delle cellule tumorali”.

Lo studio fa luce su un rivoluzionario inversione di paradigma

“Questa scoperta – prosegue Tortora – rappresenta l’inversione del paradigma secondo cui ‘il genotipo determina il fenotipo’, cioè che la cellula appare e si comporta in un certo modo perché il suo DNA le ha detto di comportarsi così. Qui il discorso si inverte perché le caratteristiche delle cellule tumorali epiteliali (nel caso di un adenocarcinoma), influenzate dal microambiente tumorale (col quale c’è uno scambio continuo di informazioni e di condizionamenti) determinano delle modifiche radicali del DNA. In questo caso insomma è il fenotipo a condizionare il genotipo. A causa di questa situazione microambientale, avvengono quei fenomeni come le alterazioni del DNA e la frammentazione dei cromosomi, che a loro volta determinano una profonda alterazione dei comportamenti delle cellule. Insomma, siamo fuori dal dogma il ‘genotipo determina il fenotipo’ perché in questo caso, il fenotipo acquisisce delle caratteristiche che sono in grado di modificare il genotipo (che poi a sua volta dà origine ad un nuovo fenotipo)”.

Possibili implicazioni su molti tipi di tumori

Lo studio ha potenziali ricadute pratiche molto importanti. “Come ad esempio – afferma Tortora – l’individuazione futura di alcuni biomarcatori che identificano e intercettano questa plasticità della cellula tumorale, per sfruttarla in termini diagnostico-terapeutici, così da poter intervenire in modo tempestivo, ad esempio modificando la terapia”. La transizione epitelio-mesenchimale è tipica di tanti tumori, ma è più esaltata nei tumori del pancreas. Questo studio ribadisce anche, ancora una volta, che il tumore del pancreas è un unicum nella geografia dei tumori, ma potrebbe anche diventare un paradigma per capire gli altri. “Quello che stiamo imparando – commenta Tortora – quasi sicuramente avrà delle ricadute su tanti altri tumori in cui la EMT è una modalità acquisita dal tumore per sfuggire al controllo e alle terapie”.

I meccanismi individuati possono diventare target terapeutici

Questi meccanismi sono anche alla base della metastatizzazione e della formazione di metastasi da metastasi, cioè di metastasi che diventano trampolino di lancio per altre metastasi (cioè che partono dalle metastasi e non dal tumore primitivo). Più il tumore si adatta ed è “plastico”, più è in grado di infiltrare, di invadere, di acquisire resistenza al trattamento. “Questi meccanismi – conclude Tortora – potrebbero un giorno diventare target terapeutici o aiutarci nella diagnosi e nel monitoraggio della risposta alla terapia se riusciremo ad intercettare le sostanze che favoriscono questi adattamenti/cambiamenti tipici della EMT, magari con l’aiuto dell’intelligenza artificiale”.

 

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