Per le ricercatrici non si tornerà alla normalità prima di settembre e allora, per rimettersi in pari con gli anni passati, andranno fatti 1,2 milioni di test mammografici, 1,1 milioni di test cervicali e 1,6 milioni di colorettali
Quando l’emergenza Covid-19 sarà finita bisognerà recuperare 4 milioni di test screening tumorali per raggiungere la stessa cifra di controlli fatti negli anni scorsi. Parla chiaro uno studio portato avanti da Nomisma, “Il peso del lockdown sugli screening oncologici. Quando dobbiamo recuperare”, e ultimato dalle ricercatrici Paola Piccioni e Maria Cristina Perrelli.
Secondo le stime del centro, il Sistema sanitario nazionale ritornerà a una piena ripresa non prima di settembre 2020. Per allora, i test di prevenzione eseguiti risulteranno un terzo rispetto al numero mediamente portato a termine in un anno per tumore alla mammella, cervice dell’utero e colon retto. Negli ultimi quattro mesi dell’anno, quindi, dovranno essere effettuati 1,2 milioni di test mammografici, 1,1 milioni di test cervicali e circa 1,6 milioni di test colorettali.
Sarà difficile che si riesca a raggiungere un simile risultato, avvertono le ricercatrici. In primis a causa del distanziamento sociale, che imponendo una riduzione del numero di accessi nelle strutture, ostacolerà il recupero dei ritardi. A questa criticità pratica andrà aggiunta la nota diffidenza iniziale dei pazienti, che spesso considerano questo tipo di controlli rimandabili.
Si punti piuttosto, consiglia lo studio, a un recupero sul medio periodo, approfittando delle difficoltà imposte dal coronavirus per un “aggiornamento”. Non solo degli impianti organizzativi, ma proprio delle strategie adottate. Un’opportunità per Nomisma «per riflettere su possibili rimodulazioni migliorative delle attività e sull’opportunità di un eventuale potenziamento delle risorse (economiche, umane, tecnologiche) di norma dedicate».
Sull’importanza della prevenzione sono i dati a parlare. Ogni anno, grazie a programmi di screening pubblici e controlli privati, vengono individuati circa 11mila carcinomi mammari, 8mila lesioni gravi alla cervice dell’utero e 3.800 carcinomi colorettali. «Quel che è certo – scrivono le ricercatrici – è che la prevenzione oncologica deve restare un asset fondamentale del Ssn anche in periodo di crisi. Gli investimenti effettuati negli anni, i risultati ottenuti e i gap da colmare in alcune aree del Paese devono rappresentare la base dalla quale le Regioni dovranno riorganizzarsi e ripartire».
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