Aumentano casi di insonnia, autolesionismo, bulimia e anoressia. Il pediatra e deputato dem ha presentato una risoluzione in Commissione Affari Sociali in cui chiede di implementare la attività di telepsichiatria e di dare vita ad un osservatorio sulla condizione della salute mentale dell’adolescente e del minore
In questi mesi di pandemia tra le categorie che più hanno subito i contraccolpi delle chiusure ci sono bambini e ragazzi. Colpa, naturalmente, della chiusura delle scuole che, in quanto luogo di inevitabile assembramento, possono diventare potente veicolo di diffusione dell’infezione da Covid-19.
Ad un anno dall’inizio della pandemia, però, si inizia a scoprire l’altro lato della medaglia, cioè le gravi ripercussioni sulla salute mentale dei giovani provocate dall’assenza della scuola, posto che la DAD non può colmare il vuoto di socialità che si è venuto a creare.
Tanti i segnali preoccupanti in questi ultimi mesi: prima l’allarme lanciato da Stefano Vicari, responsabile di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza del Bambino Gesù, sull’aumento degli atti di autolesionismo e dei tentativi di suicidio tra i più giovani. Poi la conferma arrivata dall’ospedale pediatrico Meyer di Firenze che ha segnalato dieci tentativi di suicidio tra giovanissimi in due mesi. Ma notizie di questo tipo arrivano con sempre maggiore frequenza da tutta Italia.
«I miei colleghi mi dicono che sono notevolmente aumentati tutti i disturbi neuropsichiatrici: da quelli dell’alimentazione, come anoressia e bulimia, ai disturbi del sonno dei bambini fino ad arrivare a casi di tentato suicidio che sono una cosa assolutamente molto rara nell’infanzia», spiega a Sanità Informazione Paolo Siani, pediatra e deputato del Pd. «A questo si aggiunge il fatto che i posti letto di Neuropsichiatria infantile in Italia sono un numero che già prima della pandemia era del tutto insufficiente, e quindi ora quasi inesistente. Per cui questi bambini vengono ricoverati nei reparti di pediatria senza tutta l’assistenza di cui hanno effettivamente bisogno».
Una situazione esplosiva che ha spinto Siani a presentare una risoluzione in Commissione Affari Sociali alla Camera (ancora da calendarizzare) per sollevare il tema e chiedere che il governo intervenga. Nella mozione si chiede di salvaguardare la salute fisica e mentale dell’infanzia e dell’adolescenza; rafforzare la medicina territoriale; sviluppare reti di connessioni e di servizi di sostegno con le scuole; incrementare il numero di posti letto dedicati alla Neuropsichiatria infantile; creare un Gruppo multidisciplinare di coordinamento centrale, nazionale o regionale; istituire la figura dello psicologo all’interno dei reparti di Pediatria e Neonatologia degli ospedali del SSN; implementare la attività di tele-psichiatria e di tele-supporto psicologico; dare vita ad un osservatorio sulla condizione della salute mentale dell’adolescente e del minore a seguito delle misure prese per contrastare l’emergenza sanitaria.
«La prima cosa da fare – continua Siani – è aumentare il numero di posti letto negli ospedali pediatrici, aumentare sul territorio i servizi di Neuropsichiatria e quindi gli ambulatori territoriali e creare una rete tra la pediatria di famiglia, gli ospedali pediatrici e la neuropsichiatria per intercettare questi bambini ai primi segni di disagio e quindi evitare che arrivino a manifestare patologie più complesse» sottolinea Siani, che poi si rivolge ai genitori: «Ai primi segni bisogna rivolgersi al proprio pediatra che conosce il bambino e si accorge subito se c’è un disagio. Tuttavia, al momento, se il pediatra ritiene che c’è bisogno della consulenza di uno psichiatra è in difficoltà perché i posti sono pochi e c’è un imbuto».
La mozione arriva proprio nel momento in cui a causa della terza ondata Covid le scuole sono chiuse in gran parte d’Italia e le forze politiche (ma anche gli scienziati) si interrogano sulla possibilità di riaprirle. «Si sta dando poca attenzione in generale all’infanzia – commenta Siani -. Chiudere la scuola sicuramente vuol dire proteggere la popolazione e i bambini ma vuol dire anche esporre i bambini e gli adolescenti a una carenza non solo di cultura ma anche di socialità, di amicizia. Tuttavia, la questione non può essere risolta come fosse un derby. I dati che noi abbiamo adesso, riferiti a dicembre 2020, dicono che i bambini si ammalano poco e si ammalano con una complessità della malattia molto modesta rispetto agli adulti, ed è emerso che si ammalano più in famiglia che a scuola. Ma è anche vero che scuola vuol dire tutto un mondo che ruota attorno: mezzi di trasporto, mamme e papà che accompagnano i bambini, ecc. D’altro canto, non fare scuola comporta dei problemi di socializzazione, di cultura, di povertà educativa. È una chiusura che porta dei danni, quindi bisognerà troverà il giusto equilibrio. È un tema molto complicato su cui nessuno nel mondo ha trovato una soluzione equilibrata. Potrebbe andare a nostro vantaggio l’arrivo dei mesi caldi dove si può provare a fare scuola all’aperto».
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