Gabbrielli (Centro Nazionale per la Telemedicina e le Nuove Tecnologie Assistenziali dell’ISS): «App e piattaforme omologate consentono di tutelare dati sensibili mentre con i sensori è possibile visitare i paziente, auscultare i polmoni, monitorare la pressione, visionare la gola e l’orecchio»
Affidabile, sicura, sempre disponibile e all’avanguardia: la telemedicina, entrata nelle nostre case durante la pandemia da Covid, sembra essere oggi un modello di visita, di consulto e di consulenza medica imprescindibile, della quale in futuro non potremmo più fare a meno, anche in ambito pediatrico. L’emergenza sanitaria da Covid-19 ha messo infatti in evidenza la difficoltà dell’assistenza pediatrica delle cure primarie e la telemedicina ha dato risposte importanti che la Società Italiana per le Cure Primarie Pediatriche (SICuPP) ha analizzato questa mattina nel convegno “Quali prospettive per la telemedicina nelle cure primarie pediatriche?”, condotto dal presidente SICuPP, Paolo Becherucci. «La telemedicina nella pratica delle cure primarie pediatriche va intesa come strumento di integrazione alla valutazione pediatrica diretta – ha puntualizzato all’apertura dei lavori il presidente -, e avrà un ruolo fondamentale nel dopo pandemia nell’approccio assistenziale, non potrà però sostituire la prestazione sanitaria tradizionale nel rapporto personale medico-paziente, ma la integrerà per migliorarne efficacia, efficienza e appropriatezza».
La telemedicina in particolare, in situazioni di emergenza sanitaria o in ambiti difficilmente raggiungibili permette infatti di organizzare un programma periodico di contatti con la famiglia in modo da promuovere una sorveglianza di salute sul bambino e, allo stesso tempo, garantire un supporto alla genitorialità rilevandone precocemente le sue eventuali carenze. Un aspetto questo che Emanuela Malorgio, presidente SICuPP Piemonte, ha sottolineato nel suo intervento. «Già prima della pandemia in alcuni contesti si faceva uso di consulenze telefoniche che permettevano di cementare il rapporto di fiducia tra medico e caregiver – ha detto -. Dopo il Covid la telemedicina potrà diventare uno strumento utile per informare anche gruppi di genitori di bambini accomunati da stesse patologie a cui, attraverso la teleconsulenza, sarà possibile fornire indicazioni per fronteggiare un problema attraverso una videochiamata o la condivisione di file audio e video. Con tali sistemi, i genitori, adeguatamente guidati potranno integrare i dati raccolti con altri importanti elementi clinici necessari alla migliore definizione del caso».
La pandemia ha accelerato probabilmente un processo che era già in atto e che sta andando verso una sanità sempre più connessa. In quella direzione è andata l’analisi del professor Alberto Tozzi, responsabile dell’unità di telemedicina dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma che ha spiegato: «Un primo tentativo è stato fatto con il fascicolo sanitario elettronico, ma non si è rivelata una soluzione ottimale perché non coinvolgeva tutti gli attori che ruotano intorno al piccolo paziente. Durante la pandemia l’isolamento ha reso necessario un incremento della telemedicina e ne ha allargato gli orizzonti, diventando sempre più un lavoro di squadra dove il pediatra ha il ruolo di regista in un percorso di cure sempre più personalizzato. In futuro si profila un modello di teleconsulto in cui verranno coinvolti direttamente gli specialisti in una unica sezione di telemedicina cui prenderanno parte pediatra, specialista e famiglia del paziente».
Una telemedicina allargata a più attori è quanto già accade in alcuni paesi dilaniati dal Covid. È il caso dell’India che ha adottato in alcuni contesti disagiati la telemedicina di condominio come ha spiegato il professor Tozzi: «Sono stati realizzati hot-spot negli stabili per collegarsi con il servizio sanitario pubblico, una soluzione intelligente per aiutare i pazienti, le famiglie a rimanere connessi con i medici».
Come coordinare la rete ospedaliera e il territorio in riferimento alla telemedicina è una delle sfide più importanti a cui sta lavorando il Centro Nazionale per la Telemedicina e le Nuove Tecnologie Assistenziali dell’Istituto Superiore della Sanità guidato dal professor Francesco Gabbrielli. «Quelli che erano considerati i limiti per le visite a distanza ora sono superati – ha ammesso Gabbrielli durante il convegno – grazie a dei sensori che permettono di visitare paziente, auscultare i polmoni, monitorare la pressione o ancora visionare la gola e l’orecchio. L’importante è affidarsi a piattaforme omologate in grado di garantire tutti gli standard richiesti dalla normativa sulla gestione dei dati sensibili e per una maggiore tutela dal punto di vista medico-legale».
Le spese di telemedicina approvate dalla Conferenza Stato Regioni sono oggi rimborsabili con il concetto di equivalenza omologa, «come fosse una visita in presenza – ha spiegato il professor Gabbrielli -, in attesa di avere una nuova tariffazione che è allo studio presso il Centro Nazionale così come sarebbe necessario uniformare e creare un programma nazionale in grado di interagire con i pazienti. Un modello può essere Israele, dove le famiglie dei piccoli pazienti acquistano, tramite l’assicurazione, il dispositivo per la telemedicina mentre il servizio disponibile, 24 ore su 24, viene fornito gratuitamente. Questa soluzione ha permesso di ridurre dell’80 percento gli accessi al pronto soccorso», ha concluso Gabbrielli.
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