Il caso nato dall’inchiesta giornalistica “Implant Files”. Positivo il giudizio del presidente dell’associazione che raccoglie le aziende del settore biomedicale sul Sunshine Act: «Bene rendere trasparenti i rapporti professionali ma non sia demonizzazione»
«I nostri dispositivi medici hanno dimostrato nei fatti, negli anni, di essere prodotti sicuri con la consapevolezza che non esiste il rischio zero in medicina». Massimiliano Boggetti, presidente di Assobiomedica, dice la sua sul caso sollevato dall’inchiesta giornalistica “Implant Files” che ha portato alla luce numerosi episodi in tutto il mondo di dispositivi medici difettosi o di scarsa qualità costati la vita a migliaia di persone. E prova a tranquillizzare tutti quei pazienti che usufruiscono in Italia di apparecchi medicali. «Qualsiasi paziente si sentisse nella necessità di avere maggiori rassicurazioni è dal proprio medico che deve andare», sottolinea Boggetti a Sanità Informazione. Il numero uno dell’industria di dispositivi medici parla anche del Sunshine Act, la legge sulla trasparenza in sanità in discussione alla Camera che prevede per le aziende l’obbligo di registrare in un database le donazioni agli operatori sanitari: «È positiva. Non fa altro che proseguire sulla strada che noi abbiamo tracciato, sotto certi punti di vista addirittura rendendo più istituzionale e sgravando le imprese di un ruolo che in maniera autonoma avevano intrapreso». Anche se, continua Boggetti, questa operazione di trasparenza «deve avvenire in un’ottica di protezione del rapporto tra noi industria e i medici e non in un’ottica di demonizzazione».
Presidente, in questi giorni si discute molto del Sunshine Act, un provvedimento che vi vede coinvolti perché è sulla trasparenza in sanità. Qual è il suo giudizio?
«Il giudizio è assolutamente positivo, noi siamo stati i primi a muoverci in maniera proattiva sul discorso della trasparenza, tanto è vero che circa un anno fa abbiamo promulgato e approvato all’unanimità un nuovo codice etico tutto incentrato sulla trasparenza dei rapporti tutte le volte che c’è una transazione economica tra noi e un medico e una separazione tra le cosiddette sponsorizzazioni congressuali e l’industria tale per cui oggi le industrie associate non possono più sponsorizzare direttamente i medici ma dare solo contributi formativi al provider che organizza il convegno in una totale situazione di anonimità e distanza tra noi e il medico. Dunque il Sunshine Act non fa altro che proseguire sulla strada che noi abbiamo tracciato addirittura sotto certi punti di vista rendendo più istituzionale e sgravando le imprese di un ruolo che in maniera autonoma avevano intrapreso. Quindi per noi è solo positivo. Durante l’audizione in Commissione mi sono permesso di suggerire al relatore onorevole Baroni che il Sunshine act deve avere due obiettivi: uno, di rendere trasparenti i rapporti professionali ma di rapporti professionali si tratta, non si tratta di omaggi e regalie perché noi non li facciamo. Noi mettiamo in atto dei rapporti di consulenza attraverso i quali l’innovazione si sviluppa perché la nostra tecnologia ha bisogno di essere valutata proprio in termini di sicurezza sul paziente. E, secondo, deve essere fatto attraverso un’ottica di protezione del rapporto tra noi industria e i medici e non in un’ottica di demonizzazione: questo provvedimento deve anzi creare slancio maggiore perché le nostre imprese vedano l’Italia come una opportunità per investire e non come un’area dove avere paura di fare collaborazioni scientifica».
Legato al tema della trasparenza c’è quello della sicurezza dei dispositivi medici, che oggi ha i riflettori puntati: ci sono anche pazienti che hanno valvole cardiache o usufruiscono di altri dispositivi medici e temono per la loro salute. Lei cosa si sente di dire sulla sicurezza in questo settore?
«La sicurezza è centrale per noi industria, per il medico e quindi anche poi per il paziente. Mi sento di rassicurare nella misura in cui i nostri dispositivi medici hanno dimostrato nei fatti, negli anni di essere prodotti sicuri con la consapevolezza che non esiste il rischio zero in medicina e come tale il medico diventa sempre centrale nei rapporti con il proprio paziente. Quindi qualsiasi paziente si sentisse nella necessità di avere maggiori rassicurazioni è dal proprio medico che deve andare. Non deve cercare soluzioni alternative, attraverso database su internet o cose create ad hoc perché chi è responsabile della sicurezza dei pazienti è il Ministero che fa controlli accurati attraverso i Nas e informa i pazienti attraverso i propri medici, il medico rimane centrale in ogni processo di salute compreso quello del dispositivo medico».