Convegno a Palazzo Borromeo sulla Sindrome della morte infantile improvvisa. La presidente dell’associazione Bonomi: «Fondamentale il sostegno psicologico genitore – genitore, il fatto di vedere che qualcuno ce l’ha fatta a sopravvivere a questo dolore sprona le famiglie a impegnarsi in un percorso di elaborazione del lutto efficace»
Se oggi tanti neogenitori sanno che nel primo anno di vita il neonato deve dormire in posizione supina è anche merito delle campagne di prevenzione supportate dalla onlus “Semi per la Sids” che dal 1991 si occupa di assistere le famiglie colpite dal terribile evento della “morte in culla”.
Sids infatti è l’acronimo inglese che sta per Sudden infant death syndrome, cioè Sindrome della morte infantile improvvisa, un evento che colpisce ogni anno 300 neonati in Italia. La Sids non corrisponde a una precisa patologia, si applica quando si possono escludere, previa autopsia e analisi accurate dello stato di salute del bambino e delle circostanze della sua morte, tutte le altre cause note per spiegare il decesso del neonato, da malformazioni a eventi dolosi.
Se n’è parlato a Roma a Palazzo Borromeo, sede dell’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede, al convegno “Morte in culla: come abbattere il rischio”. Un luogo non casuale quello di Palazzo Borromeo, perché l’ambasciatore Pietro Sebastiani è stato il fondatore dell’associazione Semi per la Sids, quando ancora si parlava pochissimo di questa sindrome. Tra i relatori anche Stefano Vella, Presidente AIFA e Direttore del Centro nazionale per la Salute Globale, e Monsignor Bruno Marie Duffè, Segretario del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale.
«Quando ho fondato l’associazione – spiega a Sanità Informazione l’ambasciatore Sebastiani – di questa sindrome si sapeva ben poco. Solo le campagne di prevenzione negli Stati Uniti, ma anche qui in Europa e in Italia, hanno portato ad un dimezzamento delle morti. C’era praticamente una situazione di deserto sia dal punto di vista di assistenza alle famiglie sia dal punto di vista della ricerca e del sostegno finanziario alla ricerca, cosa che abbiamo cercato di fare nel corso degli anni insieme all’impegno di dare un contorno legislativo a questa sindrome».
Le campagne di prevenzione nel corso degli anni hanno portato ad una importante riduzione delle morti per Sids, calate di oltre il 50% negli ultimi anni. Un risultato importante, anche se ancora c’è da lavorare. Innanzitutto sul fronte della diagnosi. Tra i consigli, oltre a far dormire il bambino in posizione supina, quello di coprire il bambino con coperte che rimangano ben rimboccate e che non si spostino durante il sonno, non utilizzare cuscini soffici, o altri materiali che possano soffocare il bambino durante il sonno, far dormire il bambino in un ambiente a temperatura adeguata, né eccessivamente caldo né troppo freddo, e con sufficiente ricambio di ossigeno, limitare la co-presenza del bambino nel letto con altre persone durante il sonno.
«Si parla di Sids – spiega il pediatra Raffaele Piumelli, Responsabile Centro disturbi del sonno dell’Ospedale Mayer di Firenze – quando la morte si verifica in maniera improvvisa e inattesa in bambini in apparente condizione di benessere che vengono messi a dormire e il giorno dopo non si svegliano più. Queste morti si verificano tra il primo e il dodicesimo mese di vita ma c’è una finestra di vulnerabilità che è tra il secondo e il quarto mese. Quasi tutti i casi di Sids colpiscono questi lattanti tra il secondo e il quarto mese. Anche dopo una indagine post mortem completa per capire le circostanze del decesso non si riesce a capirne la causa. Quindi a tutt’oggi la Sids resta una diagnosi residuale».
Da un punto di vista normativo qualcosa sembra muoversi. Il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin nel 2014 ha approvato con decreto i Protocolli diagnostici in caso di morte improvvisa infantile. L’ultimo step dovrebbe essere, nel 2018, la definitiva approvazione in sede di Commissione Salute del protocollo diagnostico che regolamenterà l’effettuazione tempestiva e corretta del riscontro diagnostico su tutto il territorio nazionale.
Importante anche il ruolo di sostegno psicologico che svolge l’associazione Semi per la Sids. La onlus si pone tre obiettivi: sostenere le famiglie colpite, diffondere la cultura della prevenzione, stimolare la ricerca e dialogare con le istituzioni per creare una cultura.
«Noi come associazione offriamo due tipi di supporto psicologico – spiega la presidente Allegra Bonomi -: quello psicologico tradizionale con una psicologa e quello genitore – genitore, che noi abbiamo visto avere dei grandi effetti benefici. Il fatto di vedere che dei genitori ce l’hanno fatta a sopravvivere a questo dolore sprona le famiglie a impegnarsi in un percorso di elaborazione del lutto efficace e dagli esiti positivi. Come lo è stato anche per me, che ho sperimentato sulla mia pelle quanto fosse importante poter condividere».