L’obiettivo è diffondere e applicare gli Standard Europei di assistenza al neonato, attuando la zero separation tra genitori e prematuri
Un parto pretermine, spesso inaspettato. Un neonato ancora più piccolo e fragile di quanto ci si era immaginati, bisognoso di cure speciali e di una degenza molto più lunga di quella preventivata. Il distacco, ma anche le paure che fanno capolino, inedite e fagocitanti: ce la farà? Ce la faremo? «La nascita prematura viene quasi sempre vissuta dai genitori come un vero e proprio trauma, addirittura a volte come un lutto – ci spiega il professor Luigi Orfeo, presidente della Società Italiana di Neonatologia (SIN) – motivo per cui il nostro traguardo non diventa più solo riconsegnare alle famiglie un neonato sano, ma riconsegnare un neonato sano ad una famiglia a sua volta sana, non traumatizzata o emotivamente lacerata».
È proprio da questa consapevolezza che la SIN ha lanciato una task force che avrà il compito di diffondere e applicare nelle Terapie Intensive Neonatali gli Standard Assistenziali Europei per la Salute del Neonato, una raccolta di raccomandazioni sulle migliori modalità assistenziali per i neonati e le loro famiglie. Si tratta di linee guide che abbracciano la presa in carico del neonato prematuro a 360°, dalle cure specialistiche e assistenza clinica alla cura della relazione con la famiglia. I genitori, infatti, verranno coinvolti attivamente in tutto il percorso assistenziale. Ecco cosa ci ha raccontato nel dettaglio il professor Orfeo.
«La Task Force nasce con l’obiettivo di uniformare verso l’alto le realtà assistenziali delle TIN nel nostro Paese – spiega – che sono molto eterogenee: alcuni centri sono già molto vicini agli standard europei che, come SIN, abbiamo concorso a delineare, mentre in altre realtà c’è ancora molto da lavorare. La novità di questi standard consiste nel fatto che non riguardano solo il campo dell’assistenza dal punto di vista tecnico, ma mirano ad una presa in carico globale del neonato prematuro e della sua famiglia. Oggi, infatti, le evidenze scientifiche ci dicono che la famiglia svolge un ruolo fondamentale nella presa in carico del prematuro, sia dal punto di vista del coinvolgimento emotivo che pratico nell’assistenza, motivo per cui i genitori devono poter essere sin dal primo momento vicini al bambino ma anche essere coinvolti nel suo percorso assistenziale. Questi standard – sottolinea Orfeo – sono frutto di una collaborazione tra gli operatori sanitari e le associazioni di genitori, e sono quindi orientati verso una cooperazione strettissima tra genitori e operatori sanitari nella presa in carico del prematuro».
«La separazione tra la famiglia ed il neonato ricoverato in TIN provoca danni a livello emotivo – afferma il presidente SIN – e rende molto complesso il momento del ritorno a casa, soprattutto se non c’è stato un contatto costante durante l’ospedalizzazione del bambino. Purtroppo – osserva – nonostante questi fattori siano ormai noti, nella pratica la situazione non rispetta sempre questo ideale: abbiamo recentemente rilevato, da un’indagine conoscitiva svolta nelle TIN italiane, che solo nel 60% dei casi è consentito l’accesso senza limitazioni dei genitori nelle TIN , con grandi differenze tra Nord e Sud. Negli ospedali del Nord più dell’80% delle TIN lo consentono, al Centro siamo intorno al 50% mentre al Sud solo una TIN su tre pratica questa modalità, per retaggi culturali che è ulteriore obiettivo della nostra Task Force scardinare. Far semplicemente accedere i genitori non è poi neppure sufficiente – aggiunge Orfeo – mamma e papà non devono essere semplici spettatori ma essere coinvolti attivamente in tutto il processo assistenziale del bambino. In che modo? innanzitutto, per le mamme, allattando il proprio bambino considerando anche il fatto che il latte materno è il miglior farmaco che abbiamo a disposizione nelle nostre TIN. E poi c’è tutto l’aspetto del contatto fisico, del tocco e del massaggio ma anche del contatto vocale, ad esempio con la lettura ad alta voce e infine con la cosiddetta marsupio-terapia (kangaroo mothercare) attraverso cui il prematuro e sua madre sono messi a contatto pelle-pelle. Questa pratica – spiega – ha un effetto termico migliore di quello dell’incubatrice, garantendo anche una stabilizzazione di tutti i parametri fisiologici quali frequenza cardiaca, respirazione e ossigenazione del sangue, che migliorano rispetto a quelli di un prematuro tenuto esclusivamente in incubatrice».
«I genitori di un neonato prematuro – afferma il neonatologo – tendono, nelle primissime fasi, a delegare completamente l’assistenza dei propri bambini alle cure del personale sanitario preposto. L’applicazione di questi standard, invece, consente alle mamme e ai papà di riappropriarsi della funzione genitoriale già durante la degenza così che una volta a casa saranno pronti a gestire il proprio bambino senza paura, con consapevolezza e serenità. Questo – conclude – è il vero traguardo a cui tendere: restituire un neonato sano ad una famiglia sana».
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