Noce (nefrologa): “I fattori di rischio che portano allo sviluppo della sindrome metabolica sono spesso correlati a stili di vita scorretti, come una scarsa o assente attività fisica e abitudini alimentari sbagliate. Adottare un corretto stile di vita, associato a sane abitudini alimentari che seguono i principi della dieta Mediterranea, potrebbe rappresentare un’ottima strategia preventiva ma anche terapeutica”
Il 35% degli italiani è in sovrappeso, uno su dieci è obeso. Quando all’obesità si associano anche alterazione del metabolismo glucidico, ipertensione arteriosa e dislipidemia, allora è molto probabile che il paziente soffra di sindrome metabolica. Questa patologia ha una prevalenza del 20% nella popolazione generale e arriva a 40 punti percentuali nella fascia di età tra i 60 e i 69 anni. “Un fattore importante da tenere in considerazione è che tutte queste condizioni – obesità, metabolismo glucidico, ipertensione arteriosa, dislipidemia – sono correlate tra loro – spiega Annalisa Noce professore associato di Nefrologia presso l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata – . Ad esempio, un’eccessiva presenza di tessuto adiposo addominale può provocare l’alterazione del metabolismo glucidico e lipidico, attivando un processo di infiammazione cronica, e successivamente può innescare disfunzione endoteliale e aterosclerosi con conseguente rischio di aumento di insorgenza delle patologie cardiovascolari”, aggiunge la specialista.
“I fattori di rischio che portano allo sviluppo della sindrome metabolica sono spesso correlati a stili di vita scorretti, quali una scarsa o assente attività fisica e sbagliate abitudini alimentari. Adottare un corretto stile di vita, associato a sane abitudini alimentari che seguono i principi della dieta Mediterranea, anche in associazione ad alimenti funzionali ricchi di composti naturali bioattivi, potrebbe rappresentare un’ottima strategia preventiva ma anche una strategia terapeutica adiuvante una volta che la sindrome metabolica si è sviluppata. Numerosi studi in vitro e in vivo – dice la professoressa Noce -hanno dimostrato che i composti naturali bioattivi sembrerebbero in grado di esercitare effetti benefici sul calo ponderale, sul controllo della pressione arteriosa, sul metabolismo glucidico, sulla riduzione del danno endoteliale, sul miglioramento del profilo lipidico e sulla riduzione dello stato infiammatorio cronico di basso grado e dello stress ossidativo”.
“Tra gli alimenti funzionali che giocano un ruolo chiave nella dieta Mediterranea, merita particolare attenzione l’olio extravergine d’oliva. Alcuni studi scientifici hanno messo in luce la sua azione anti-infiammatoria, antiossidante e, soprattutto cardioprotettiva. Le possibili azioni benefiche dell’olio sembrerebbero essere indotte dal suo elevato contenuto in composti polari minori, quali tirosolo, idrossitirosolo, oleocantale e oleuropeina. In particolar modo, l’oleocantale sembrerebbe essere in grado di esercitare effetti anti-infiammatori e svolgere un’importante azione anti-ossidante”, aggiunge l’esperta.
Attualmente, presso l’Unità di Nefrologia e Dialisi del Policlinico Roma Tor Vergata è in atto uno studio clinico su pazienti affetti da sindrome metabolica. Questo protocollo di ricerca “prevede la somministrazione di un alimento a fini medici speciali a base di PEA-rutina (PEA-r) ed idrossitirosolo, in associazione ad una dieta Mediterranea personalizzata a contenuto calorico controllato. L’obiettivo dello studio è quello di verificare se una dieta Mediterranea personalizzata in combinazione con l’integratore alimentare a base diPEA-r e idrossitirosolo, possa rappresentare una valida strategia terapeutica adiuvante per contrastare le comorbidità tipiche della sindrome metabolica e – conclude la professoressa Noce – per migliorare la qualità di vita dei pazienti”.
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