In un’intervista a Sanità Informazione, il Prof. Roberto Cosimo Melcangi spiega cos’è la sindrome post-finasteride e quali sono i suoi sintomi: “Non esiste una cura: la corretta informazione è, ad oggi, l’unica strada per limitare i danni”
Non è raro che un farmaco abbia uno o più effetti collaterali, ma è altrettanto comune che interrompendone la somministrazione questi sintomi spariscano nel giro di pochi giorni, nel peggiore dei casi di qualche settimana. Tuttavia, esistono delle eccezioni: è il caso della sindrome post-finasteride (PFS), che si scatena, appunto, a seguito dell’assunzione di finasteride, talvolta in maniera permanente. “Con il mio team di ricerca – spiega il professore Roberto Cosimo Melcangi, Ph.D. responsabile dell’unità di Neuroendocrinologia- Dipartimento di Scienze Farmacologiche e Biomolecolari dell’Università degli Studi di Milano, in un’intervista a Sanità Informazione – studiamo la sindrome post-finasteride da oltre 10 anni, per comprenderne le cause e mettere a punto dei trattamenti efficaci. Nel corso della nostra esperienza, abbiamo incontrato pazienti che sono affetti dalla sindrome post-finasteride pur avendo interrotto la somministrazione del farmaco da 15 anni ed oltre”.
La sindrome post-finasteride è una condizione rara e complessa che può svilupparsi in alcuni pazienti dopo l’uso di finasteride, un farmaco utilizzato principalmente per trattare l’ipertrofia prostatica benigna e la caduta dei capelli androgenetica (alopecia androgenetica) negli uomini. La finasteride agisce inibendo l’enzima 5-alfa-reduttasi, riducendo così la conversione del testosterone in diidrotestosterone (DHT), un ormone coinvolto nella crescita della prostata e dei capelli. “Inizialmente utilizzato per l’ipertrofia prostatica benigna, la sua diffusione è aumentata dagli anni ’90, periodo in cui sono stati svelati i suoi benefici anche per l’alopecia androgenetica – aggiunge il professore -. Il farmaco, dunque, non è stato più utilizzato solo da uomini over 50, ma ha trovato diffusione anche tra giovani e giovanissimi. È da questo momento, infatti, che gli effetti collaterali sono emersi con maggiore evidenza”.
I sintomi tipici della sindrome post-finasteride possono essere suddivisi in tre macrocategorie. Sessuali, che comprendono diminuzione della libido, disfunzione erettile, ridotta sensibilità genitale e eiaculazione precoce o assente. Sintomi neurologici: ansia, depressione, irritabilità, disturbi della memoria e della concentrazione, ‘brain fog’, ovvero una sensazione di annebbiamento mentale, e disturbi del sonno. Infine, sintomi fisici: affaticamento cronico, debolezza muscolare, dolore muscolare e articolare, ginecomastia, ovvero sviluppo del tessuto mammario negli uomini, e alterazioni della funzione urinaria. “Sono soprattutto gli effetti collaterali ai danni della sfera sessuale ad aver accesso i riflettori sulla sindrome post-finasteride. Quando anche i più giovani hanno cominciato ad assumere il farmaco per contrastare la perdita di capelli, le complicanze – come la disfunzione erettile, la carenza di libido e i disordini eiaculatori – hanno indotto questi pazienti a consultare uno specialista in andrologia. Quando gli stessi disturbi, infatti, si presentano in un uomo che ha più di cinquant’anni non compromettono così palesemente la sua qualità della vita e, tendenzialmente, lo preoccupano meno – spiega lo specialista -. Tuttavia, molti di questi giovani pazienti non evidenziano alterazioni ormonali che possono essere responsabili del disordine sessuale osservato e per questo vengono indirizzati dall’andrologia alla psichiatria, dove identificando una sintomatologia depressiva vengono trattati con psico-farmaci. Questo può essere un ulteriore problema poiché antidepressivi come gli inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRI) o della serotonina e noradrenalina (SNRI) inducono una sintomatologia con caratteristiche simili alla PFS, dal nome di PSSD (Post-SSRI Sexual Dysfunction)”, racconta il professore Roberto Cosimo Melcangi.
Tanti giovani affetti dalla sindrome post-finasteride sono stati, dunque, ribalzati da uno specialista all’altro, senza mai trovare una soluzione, o addirittura peggiorando la situazione. Un problema che ha coinvolto persone in tutto il mondo e che ha causato non poche morti: “Molti giovani, non riuscendo più a sopportare i sintomi scatenati dalla sindrome post-, si sono suicidati. I genitori di questi ragazzi scomparsi prematuramente hanno dato vita ad una Fondazione, affinché non si continuasse a tacere su quanto accaduto e tuttora accade”, spiega lo specialista. Ancora oggi, la causa esatta della sindrome post-finasteride non è del tutto compresa, “ma si ipotizza che possa essere legata a cambiamenti persistenti di particolari ormoni (come i neurosteroidi) e/o a modifiche epigenetiche indotte dal farmaco che alterano la regolazione endocrina e la neurotrasmissione. Questa sindrome rimane oggetto di studio e controversia, poiché non tutti i pazienti che assumono finasteride ne sperimentano i sintomi e i meccanismi alla base della condizione non sono ancora ben definiti”, continua il professore. Anche l’incidenza della patologia non è stata attualmente calcolata con precisione: “Si stima che il 5% dei pazienti che hanno assunto il farmaco soffrano della sindrome post- finasteride. Stando a queste percentuali, può essere quindi considerata una patologia rara”, dice ancora lo specialista.
Il trattamento della sindrome post-finasteride è spesso difficile e si concentra sulla gestione dei sintomi, utilizzando strategie come la psicoterapia, trattamenti ormonali, farmaci per la disfunzione erettile e supporto psicologico per i sintomi mentali e fisici. “In attesa che venga sviluppato un trattamento in grado di guarire i pazienti affetti dalla sindrome, esiste solo una strada per arginare il fenomeno: aumentare la consapevolezza sugli effetti negativi del farmaco. Oggi tra quelli indicati nel bugiardino rientra anche la sindrome post-finasteride. Ma l’auspicio è riuscire ad individuare dei markers che possano predire se una persona, assumendo il farmaco, svilupperà la sindrome oppure no. Intanto, tra le possibili soluzioni, vi è sicuramente quella di assumere il farmaco sotto stretto controllo medico. Attualmente, il farmaco è facilmente reperibile, anche online. Questo incentiva errati comportamenti di automedicazione, soprattutto tra i giovani che soffrono di alopecia. Tuttavia, sarebbe doveroso che tutti, soprattutto coloro che assumono il farmaco per una lieve perdita di capelli, fossero informati sulla possibilità di sviluppare effetti collaterali gravi, capaci di compromettere per sempre la qualità della vita”, conclude il professore Roberto Cosimo Melcangi.
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