Il virologo dell’Università di Milano spiega: «Attenzione agli sbalzi termici, riducono la capacità protettiva della nostra ‘clearance mucociliare’ al livello delle vie aeree». Difficile evitare il contagio, virus si trasmette attraverso goccioline respiratorie
L’ora x è arrivata. L’attesa epidemia influenzale ha iniziato a diffondersi in modo rapido durante le festività natalizie e ora, con la riapertura delle scuole, si avvia al picco stagionale. In tutta Italia gli studi medici sono presi d’assalto, così come i pronto soccorso. I virologi stimano che quest’anno cinque milioni di persone in Italia saranno colpite, a rischio le categorie più fragili: i bambini, gli over 65 e coloro che sono affetti da patologie croniche. Abbiamo chiesto come evolve l’epidemia al virologo Fabrizio Pregliasco, ricercatore dell’Università di Milano e Direttore sanitario IRCCS Galeazzi.
Professor Pregliasco, siamo al picco dell’influenza?
«Siamo nella settimana clou per capire cosa succederà: con la riapertura delle scuole normalmente la diffusione diventa più ampia perché i bimbi che si sono infettati e che sono stati protagonisti principali delle settimane precedenti, incontrandosi diventano l’incendio che poi rigirano ai familiari che ancora non sono stati colpiti. Abbiamo avuto nella settimana precedente alla 51esima settimana del 2017, quindi la penultima dello scorso anno, un andamento in linea con quello della scorsa stagione che tutto sommato non era così pesante. Invece nell’ultima settimana del 2017, che sono gli ultimi dati disponibili si è rilevata un’impennata notevole e quindi un effetto rilevante in termini di impatto nei pronto soccorso e nella percezione del ‘siamo tutti malati’. Anche perché poi non c’è solo l’influenza ma sta girando molto anche una serie di ‘simil’ influenza, una serie di virus non propriamente dell’influenza ma che potremmo definire virus ‘cugini’. Ce ne sono tanti tipi che danno manifestazioni simili ma non così pesanti e non così a rischio di complicanze».
Si parla molto di questa variante ‘australiana’, è arrivata in Italia?
«No. I virus influenzali in questi ultimi anni non sono uno solo per cui si dice ‘c’è l’influenza’. In realtà è una band che suona con più virus. In questo momento abbiamo una prevalenza di virus A-H1N1 e virus B. Ci manca, se non in piccola quota, l’A-H3N2, che è la variante che ha infastidito l’Australia e l’Inghilterra nelle settimane precedenti perché c’è un buon anticipo nelle nazioni del nord, quelle più fredde. Anche in Italia c’è un trend che va da Lombardia, Trentino Alto Adige a scendere fino alla Sicilia, l’ondata va da Nord a Sud. Siamo in attesa di quella quota di H3N2, oggi poco presente in Italia, che si farà vedere. Il picco lo capiamo quando vediamo la curva che scende. Siamo ancora in una fase di salita dove si vedono, se andiamo a scorporare per casi, soprattutto i giovani, che sono appunto gli untori della malattia».
C’è un modo per ridurre il rischio di contagio?
«Il virus si trasmette attraverso le goccioline respiratorie, le cosiddette goccioline di flugge che emettiamo in qualsiasi momento respirando e che, se siamo infetti e malati, contengono anche il virus. Tutto ciò che limita il possibile contatto diretto ma purtroppo anche indiretto, limita la diffusione. Un elemento importante è quello dello sbalzo termico, perché nel momento in cui ci esponiamo ad uno sbalzo termico, freddo-caldo o caldo-freddo, la cosiddetta nostra ‘clearance mucociliare’ si riduce come capacità protettiva, al livello delle vie aeree. Quindi la sciarpa delle nonne è un ottimo sistema, sulla bocca, sul naso».
Ci sono cibi che possono aiutare?
«Si è parlato tanto in passato della vitamina C: oggi non è così determinante, anche se ha un’azione antiossidanti. Anche tutto ciò che contiene le vitamine del gruppo B e i probiotici possono aiutare. Una dieta mediterranea può aiutare».
I sintomi di quest’anno sono i classici o sembrano più aggressivi?
«Sono i classici. La vera influenza, rispetto al resto delle altre manifestazioni che si possono subire durante lo stesso inverno, si differenzia, che si chiami Phuket, Brisbane, Massachussets, con la presenza di tre caratteristiche: un’insorgenza brusca della febbre oltre 38 gradi con la copresenza di sintomi generali sistemici, dolori muscolari articolari, senso di stanchezza e sintomi respiratori. Se ci sono queste tre cose tutte insieme si può dire orgogliosamente di avere una sindrome influenzale. La diagnosi si conferma con un tampone faringeo che però facciamo solo su piccoli numeri per capire quali sono i virus che circolano, ma non si fa una diagnosi laboratoristica nella stragrande maggioranza dei casi».
Abbiamo letto in questi giorni che alcune regioni sono più colpite di altre, come la Liguria.
«Dipende molto dal numero di medici che segnala. Il campione è un campione della rete InfluNet dei medici di medicina generale che copre circa l’1% della popolazione. Il dato sull’Italia è importante, quindi su regioni più piccole la quota ha un margine di errore maggiore, di stima di questo valore. Però è possibile che ci siano condizioni territoriali particolari che facilitano la diffusione. Però è un fuoco che si muove, come dicevo nord-sud».
Riassumendo, non c’è allarme, l’australiana non è arrivata.
«La variante che ha infastidito l’Australia, che in realtà si chiama Massachusetts, quella che ha colpito anche negli Stati Uniti e nell’Australia nord-est, per ora c’è ma in pochissimi casi, non è quella che prevale. In questa settimana e nella prossima si capirà meglio».
Si sta manifestando come aggressiva o no?
«E’ un’influenza normale, non così pesante. Noi andiamo a vedere la pesantezza della malattia perché vediamo tante persone che hanno quella triade che le dicevo, che è quella della vera influenza. Non è più cattiva delle altre perché solo i virus pandemici nuovi hanno una capacità, una letalità maggiore. Questo è un virus comunque stagionale, e comunque già adattato all’organismo. Non è più cattiva. E’ che ce n’è tanti e si vede l’effetto».
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