A dimostrarlo uno studio pubblicato su ‘Nature Communications’ e coordinato dalla Sapienza Università di Roma, insieme all’Istituto italiano di tecnologia di Roma
All’orizzonte nuove prospettive terapeutiche per le persone affette da Sclerosi laterale amiotrofica (Sla): una molecola già sperimentata contro la leucemia potrebbe essere efficace anche per il trattamento di questa patologia. A dimostrarlo uno studio pubblicato su ‘Nature Communications’ e coordinato dalla Sapienza Università di Roma, insieme all’Istituto italiano di tecnologia di Roma, i cui ricercatori hanno individuato in un farmaco impiegato in terapie sperimentali contro il cancro un possibile approccio per il trattamento della Sclerosi laterale amiotrofica. “La sclerosi laterale amiotrofica è una malattia neurodegenerativa progressiva – spiegano gli studiosi nell’introduzione della ricerca -. La progressiva degenerazione dei motoneuroni causata dalla Sla porta all’atrofia dei muscoli innervanti e di conseguenza alla paralisi, fino alla morte. Oggi, non esiste alcuna cura per la Sla, ad eccezione di un trattamento specifico per i pazienti portatori di varianti patogene nel gene SOD12”, aggiungono gli scientìziati.
I ricercatori, coordinati da Irene Bozzoni del Dipartimento di Biologia e Biotecnologie Charles Darwin della Sapienza e del centro ClnS2 di Iit di Roma, sono partiti dallo studio di specifiche condizioni che determinano la formazione nelle cellule di strutture chiamate granuli da stress. La funzione di tali strutture è quella di proteggere, temporaneamente, le molecole di Rna e di proteine fino alla risoluzione dello stato di stress. Circa il 10% dei casi totali di Sla è causato da mutazioni in proteine che, in molti situazioni, sono componenti dei granuli da stress. Queste alterazioni provocano la produzione di proteine aberranti che trasformano i granuli in aggregati tossici per i motoneuroni. In particolare, nella Sla, così come in altre malattie neurodegenerative, risultano alterati il numero, la composizione e le dinamiche di formazione e dissociazione di questi granuli.
Il gruppo di ricercatori ha scoperto che una specifica modifica chimica dell’Rna, nota come N6-metiladenosina (m6A), ha un ruolo cruciale nell’alterazione delle dinamiche di formazione e dissociazione dei granuli in forme particolarmente aggressive di Sla: la malattia è caratterizzata da livelli di m6A aumentati e il loro ripristino a livelli fisiologici è in grado di ristabilire le normali proprietà dei granuli da stress. “Siamo riusciti a diminuire i livelli di m6A utilizzando una molecola (Stm2457) attualmente impiegata nella sperimentazione clinica per la cura di tumori leucemici – spiega Bozzoni -. Questa scoperta apre alla possibilità di utilizzarla anche come nuovo approccio terapeutico per il trattamento della Sla”. I risultati dello studio – finanziato da un progetto Erc-Synergy – rappresentano “un prezioso contributo per la comprensione dei meccanismi cellulari alla base della patologia e, soprattutto – concludono i ricercatori -, individuano nelle modifiche dell’Rna promettenti target terapeutici per contrastare la Sla”.
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