L’invecchiamento e le malattie neurodegenerative, come la SLA, hanno una base molecolare comune. A individuarla è uno studio italiano co-coordinato dalle università di Cagliari e Sapienza di Roma e pubblicato su Cell Death and Discovery
L’invecchiamento e le malattie neurodegenerative, come la SLA, hanno una base molecolare comune. A individuarla è uno studio italiano co-coordinato dalle università di Cagliari e Sapienza di Roma e pubblicato su Cell Death and Discovery. Il lavoro, sostenuto da Fondazione AriSla e dall’associazione francese Afm-Telethon, apre a nuove speranze terapeutiche. L’invecchiamento è l’insieme dei cambiamenti che interessano cellule e tessuti con l’avanzare dell’età, aumentando il rischio di malattie e morte. Seguono una sequenza programmata comune e sono caratterizzati principalmente dal deterioramento delle funzioni cognitive e dal declino delle capacità locomotorie: manifestazioni che coincidono con i sintomi di patologie neurodegenerative come sclerosi laterale amiotrofica, Alzheimer e Parkinson, suggerendo che questo tipo di malattie condividono una base molecolare comune con il processo di invecchiamento. Sono queste le interconnessioni approfondite dal nuovo studio.
In particolare, gli autori hanno analizzato le modifiche epigenetiche che si verificano con l’invecchiamento. Si tratta di cambiamenti nella struttura della cromatina (sostanza localizzata nel nucleo cellulare e composta da Dna e proteine), che influenzano l’espressione genica (il processo attraverso cui l’informazione contenuta in un gene viene tradotta in una proteina), senza cambiare la sequenza del Dna. Queste modifiche possono alterare i livelli di espressione dei fattori di rischio per le patologie neurodegenerative. “Nel nostro studio – riferisce Feiguin – abbiamo scoperto per la prima volta che la proteina Tdp-43, che ha un ruolo centrale nella patogenesi della SLA, riduce gradualmente la sua espressione man mano che invecchiano i cervelli del moscerino della frutta (Drosophila melanogaster) e del modello murino”, di topo.
I ricercatori hanno anche individuato un nuovo ruolo dell’enzima Suv39, osservando che “durante l’invecchiamento, sia nel moscerino della frutta che nel modello murino – riporta Marta Marzullo del team della Sapienza – la metiltransferasi Suv39 agisce sul gene Tdp-43 riducendone l’espressione”. E “sorprendentemente – sottolinea Ciapponi – quando abbiamo inattivato genicamente o chimicamente l’attività di Suv39, abbiamo osservato livelli più elevati di Tdp-43 e soprattutto una significativa riduzione del declino locomotorio dipendente dall’età”. Il lavoro svela dunque un nuovo ruolo dell’enzima Suv39 nella regolazione dell’espressione di Tdp-43 e della senescenza locomotoria, indicando che “la modulazione delle attività enzimatiche coinvolte in queste modifiche epigenetiche potrebbe essere un approccio promettente per comprendere, e potenzialmente trattare, le malattie neurodegenerative legate all’invecchiamento, come la SLA“.
“Siamo soddisfatti di aver sostenuto questo filone di ricerca che ha contribuito ad aggiungere conoscenza sui meccanismi molecolari legati all’insorgenza della SLA”, commenta Mario Melazzini, presidente di Fondazione AriSla, principale ente non profit che finanzia la ricerca scientifica sulla sclerosi laterale amiotrofica in Italia. “L’importanza di svolgere studi sul ruolo della Tdp-43 è stata evidenziata recentemente anche dal piano strategico della ricerca sulla SLA del Ninds (National Institute of Neurological Disorders and Stroke), il principale istituto degli Nih americani per la ricerca neurologica. In linea con questa visione, riteniamo strategico continuare a supportare la ricerca di base, finalizzata a fornire risposte concrete ai pazienti”, conclude.
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