«Ho chiamato persino i Carabinieri. Alla fine ho atteso il decorso della malattia ma nessuno mi ha fatto il tampone»
Andrea ha 40 anni ha affrontato e vinto il Covid, da solo. La sua è la storia di tante persone che nella seconda ondata autunnale hanno incontrato sul loro cammino il «maledetto virus», come l’ha ribattezzato questo professionista milanese che ha dovuto fermarsi per tre settimane a causa del Covid. «Il tempo necessario per sconfiggere il nemico invisibile quanto subdolo che colpisce alle spalle senza preavviso e debilita in poche ore», spiega per introdurre il suo lungo calvario, mentre aggiunge: «Se non avessi avuto il fisico forte non sarei qui a raccontare la mia disavventura».
Ha ancora la voce roca Andrea quando spiega che il Covid l’ha colto di sorpresa in un fine settimana di ottobre. «Venerdì 16 accompagno mia moglie all’ospedale San Paolo di Milano per fare il tampone – racconta – perché nel weekend precedente eravamo stati a casa di amici che sono poi risultati tutti positivi. Il suo medico di base le ha prenotato il tampone e dopo quattro ore di attesa riesce a fare l’esame. Io non posso farlo perché non ho avuto la possibilità di parlare con il medico. Una volta in ospedale confido di poter fare il tampone con mia moglie. Invece, dopo una lunga attesa al drive in, solo lei riesce a fare l’esame perché ha la prenotazione».
«Il giorno dopo – continua – il suo medico la informa che è positiva. Lei nel giro di poche ore accusa qualche linea di febbre e spossatezza, chiari sintomi del Covid. Per me la situazione si fa subito più seria. La temperatura sale oltre i 39 gradi, accuso mal di schiena, dolori diffusi e perdo gusto e olfatto. Chiamo la guardia medica, spiego che sono andato inutilmente a fare il tampone, che sono stato con mia moglie a contatto con persone positive e che ho la febbre alta. Mi dicono di prendere il paracetamolo e che sarebbe venuto qualcuno, invece a distanza di due giorni nessun medico ci chiama. Io ritento con il medico di base che scopro essere andato in pensione quindi mi trovo anche nella situazione di non avere un riferimento a cui rivolgermi».
Andrea debilitato dal virus non sa a chi rivolgersi, e dopo aver tentato inutilmente più volte di contattare l’ATS, chiama le forze dell’Ordine. «Parlo con i Carabinieri, sono cortesi, mi tranquillizzano e mi invitano a contattare l’ATS, anche via e-mail, per farmi assegnare subito un medico. Nel frattempo, le nostre condizioni peggiorano. Mia moglie non riesce ad alzarsi dal letto, io ho febbre alta e mal di schiena all’altezza dei polmoni. Chiamo ancora la guardia medica, questa volta mi dicono che a meno di difficoltà respiratorie il medico non esce. Mi invitano a prendere il paracetamolo per abbassare la febbre, mentre i dolori alla schiena si fanno più forti e la temperatura non scende. Mi sento abbandonato». Tre giorni in queste condizioni, poi per Andrea e la moglie il quadro clinico migliora, la febbre scende a 38 gradi per altri quattro giorni e dopo i successivi dieci tornano anche gusto e olfatto. Il peggio è passato, ma il dramma per Andrea continua.
Non avendo fatto il primo tampone, non ha la possibilità di fare il secondo. Per ATS lui non risulta neppure nell’elenco dei malati Covid. «So di aver avuto il virus, ma nessuno l’ha certificato e dunque ora sono costretto ad aspettare di trascorrere 21 giorni, gli ultimi dei quali senza sintomi, per rientrare al lavoro. Oggi sto meglio ma il dolore alla schiena seppur in misura ridotta persiste».
Andrea ha la convinzione di essersi lasciato alle spalle il peggio, ma si congeda con una riflessione. «Tutti gli esperti dicono che per vincere il Covid occorre batterlo sul tempo, le medicine vanno prese subito, le terapie vanno fatte nelle prime 48 ore. Allora perché alla mia richiesta d’aiuto nessuno ha risposto? Posso ringraziare il mio fisico atletico anche se ho la convinzione che qualche strascico il maledetto virus l’abbia lasciato. Appena potrò uscire cercherò di fare un check up completo per accertare l’assenza di lesioni polmonari o altri danni agli organi vitali».
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