Il grazie ai medici ed un monito per Stefano Marongiu, il paziente 2 guarito dall’Ebola: «Formazione fondamentale, ma il mondo non deve abbassare la guardia»
Sono abituato a sentirmi dire grazie dalle persone a cui presto soccorso. Stavolta sono io ad avere una lista infinita di ringraziamenti». Visibilmente commosso, Stefano Marongiu – l’infermiere sardo contagiato dall’Ebola – ha raccontato la sua guarigione all’istituto “Lazzaro Spallanzani” di Roma.
Proprio nell’Istituto di ricerca per le malattie infettive è stata vinta la seconda battaglia contro l’epidemia dopo il caso del medico siciliano, Fabrizio Pulvirenti, dimesso lo scorso 2 gennaio dopo 40 giorni di isolamento totale.
È invece durato 29 giorni il ricovero dell’infermiere di Emergency. «Ai due pazienti italiani guariti dal virus ebola sono stati applicati protocolli clinici in parte differenti: questo poiché “ogni caso di infezione è diverso», ha spiegato il direttore scientifico dell’Istituto “Spallanzani”, Giuseppe Ippolito, che ha poi reso noti i tipi di farmaci impiegati: «per Pulvirenti abbiamo utilizzato il Favipiravir ottenuto dal Giappone, plasma da convalescente giunto da Germania e Spagna, il farmaco Zmab ed un altro medicinale prodotto in Italia, il Melanocortin. Per Marongiu i due farmaci Favipiravir e Nill 77, quest’ultimo di produzione cinese». Per l’infermiere sardo, ha inoltre chiarito Ippolito, si è deciso di non usare il plasma da convalescente «poiché la situazione non lo richiedeva e considerando i rischi comunque legati a tale opzione terapeutica». «La mia mia guarigione è una vittoria di squadra: c’è stato un coinvolgimento internazionale grazie all’Italia, e allo “Spallanzani” che con l’eccellenza della sua equipe medica mi ha salvato la vita e, sinceramente, avendo visto i miei valori so che è stata un impresa: mi hanno trattato come un amico da salvare ad ogni costo».
Marongiu ha ringraziato tutti, sottolineando l’importanza di esser partito per la Sierra Leone, adeguatamente preparato e formato da Emergency: «Davanti ad Ebola non bisogna abbassare la guardia, ora c’è il rischio di non averne più paura. La formazione – aggiunge – è fondamentale per affrontare questa epidemia e le tante altre, che non vanno sottovalutate, che minacciano milioni di persone>. Se per Marongiu è finito l’incubo, la situazione resta ancora profondamente preoccupante, specialmente in Africa. A maggio si è registrata una nuova impennata di casi in Guinea e gli esperti parlano di nuovi focolai. «Adesso mi aspetta la mia famiglia, ma mi piacerebbe essere ancora d’aiuto sia allo “Spallanzani”, collaborando alla ricerca, sia tornando in Africa, quando, chiaramente, ci saranno le condizioni per farlo».
Nonostante la bella notizia delle dimissioni di Stefano Marongiu, il caso continua comunque a tenere banco anche alla luce di tutte le criticità emerse poco alla volta nel corso di questo mese. A Cagliari si è riunita l’unità di crisi regionale per fare il punto sul caso. All’incontro, voluto e presieduto dall’assessore regionale della Sanità, Luigi Arru, ha partecipato, in qualità di rappresentante del ministero della Salute, anche il direttore generale della prevenzione sanitaria Raniero Guerra. Ma se in Italia la vicenda ha avuto un lieto fine, in Europa e nel resto del mondo l’aria che tira appare ben diversa. Tant’è che il cancelliere tedesco, Angela Merkel, aveva messo tra le questioni prioritarie da affrontare nel G7 appena concluso proprio la discussione su come è stata affrontata, a livello mondiale, la questione Ebola e quali sono le lezioni da imparare per evitare che si ripetano emergenze simili in futuro. I risultati? Deludenti, almeno secondo Medici Senza Frontiere: per Bruce de la Vingne, direttore delle operazioni di MSF, sarebbe stato necessario puntare in maniera nettamente più decisa sulla formazione del personale mentre per Joanne Liu, presidente internazionale di MSF ha evidenziato i rischi legati alla diffusione di nuove epidemie: sono infatti saliti ad 87 i casi totali di infezione da virus MERS (Middle East Respiratory Syndrome) che si sono verificati in Corea del Sud. Di questi, 23 sono quelli registrati soltanto negli ultimi giorni, mentre 17 soggetti infetti provengono dallo stesso pronto soccorso dell‘ospedale di Seul dove il primo paziente è stato ricoverato dopo la conferma alla positività al virus MERS.