Parlano i giovani farmacisti in occasione del 38esimo convegno SIFO (Società Italiana di Farmacia Ospedaliera). Ecco i motivi della protesta: «Differenza ingiustificabile, serve contratto di formazione come in Medicina»
Lavorano fianco a fianco negli ospedali ma hanno un trattamento economico molto diverso. Parliamo degli specializzandi in Medicina e in Farmacia Ospedaliera. Se da diversi decenni i medici che frequentano un corso di specializzazione portano a casa una borsa di studio che gli permette di mantenersi (fatta esclusione per gli anni 1978-2006, ma questa è un’altra questione), ciò non accade per i farmacisti, ed è per questo che si sta facendo sempre più forte la voce di chi vuole mettere sullo stesso livello i due tipi di professione.
«Penso sia corretto paragonare la nostra borsa di studio a quella che ricevono i medici – ci dice una giovane specializzanda che ha preso parte al Convegno SIFO (Società Italiana di Farmacia Ospedaliera) che ha avuto luogo il 23 novembre scorso a Roma –: noi lavoriamo a tutti gli effetti da dipendenti dell’ospedale, e lì passiamo la maggior parte del nostro tempo da specializzandi, insieme ai medici. Per questo motivo senza dubbio è giusto che anche a noi venga concesso lo stesso trattamento economico».
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«Quella delle borse di studio – ci spiega invece Roberto, anche lui giovane farmacista ospedaliero all’ultimo anno di scuola post-laurea – è una battaglia che stiamo portando avanti su più fronti e da più anni: nonostante nel marzo del 2015 sia stato pubblicato un decreto ministeriale che va proprio nella direzione dell’equiparazione tra le scuole di specializzazione di Farmacia Ospedaliera e Medicina, purtroppo, allo stato dei fatti, questa equiparazione non c’è mai stata».
La battaglia che questi giovani combattono però va oltre il concetto di borsa di studio: «Noi non vogliamo – spiega ancora Roberto – una borsa di studio intesa come quella che tendono ad elargire alcune Università italiane per fare in modo che lo studente possa sostenersi. Noi vogliamo il contratto di formazione, come quello applicato ai medici specializzandi, che prevede una retribuzione che proviene dal Ministero della Salute, e non dalle Università. È vero – continua – siamo inquadrati in un percorso di studio universitario, ma siamo a tutti gli effetti operatori sanitari che lavorano in ospedale. Per questo tutto quel che chiediamo è che ci venga riconosciuto quanto viene dato ai medici. Né più né meno».