«Molte perplessità sul Dl Calabria: percorso di formazione potrebbe allungarsi e lo stipendio da dirigente non sarà cumulabile con quello di specializzazione» sottolinea il Presidente dell’associazione che raccoglie i medici specializzandi. Poi replica al Sottosegretario Coletto: «Contestiamo la narrazione secondo cui siamo poveri studenti bloccati dentro le mura dei Policlinici ad assistere quello che fanno gli altri»
«Non è vero che gli specializzandi in Italia non vanno in reparto». Stefano Guicciardi, giovane presidente di FederSpecializzandi, contesta una “narrazione” che, soprattutto dopo il varo del Decreto Calabria, sarebbe prevalente: quella secondo cui gli specializzandi non sarebbero attivi nelle strutture ospedaliere. «Anzi, a volte vero il contrario – sottolinea Guicciardi a Sanità a Informazione – ci sono specializzandi che come sappiamo bene svolgono attività anche con una certa responsabilità senza la supervisione dei tutor, in autonomia e già dopo poche settimane dall’ingresso in specializzazione coprono anche i turni di guardia da soli senza l’opportuna preparazione». La replica è alle affermazioni del sottosegretario alla Salute Luca Coletto che, sempre su questo giornale, aveva sottolineando il ritardo dell’Italia rispetto agli altri paesi europei nell’inserimento nelle strutture degli specializzandi. Intanto il concorso di specializzazione quest’anno è vissuto con particolare frustrazione dai giovani medici: «Per la prima volta in tanti anni non si sa ancora in anticipo quanti saranno i contratti a disposizione e come sono ripartiti i contratti tra le singole scuole, ad oggi questo non è noto».
Presidente, cosa non la convince delle parole del sottosegretario Coletto?
«Quello che non convince è semplicemente l’affermazione che adesso con il DL Calabria gli specializzandi potranno “finalmente essere in corsia”. Questa è una semplificazione che non tiene conto del reale. Già oggi gli specializzandi sono in corsia, quindi ciò che contestiamo è una narrazione secondo la quale siamo poveri studenti bloccati dentro le mura dei policlinici ad assistere quello che fanno gli altri. Anzi a volte purtroppo è vero il contrario, ci sono specializzandi che come sappiamo bene svolgono attività anche oltre l’orario lavorativo con una certa responsabilità senza la supervisione dei tutor, dopo poche settimane dall’ingresso in specializzazione coprono anche i turni di guardia da soli non avendo l’opportuna preparazione, o svolgono magari attività ambulatoriali e di reparto senza il minimo supporto del personale strutturato. Questo naturalmente non è sempre colpa dello specializzando o dello strutturato, a volte è la carenza di organico che porta a queste situazioni estreme, ma non è giustificabile in alcun modo. Quello che contrastiamo è questa visione secondo la quale lo specializzando in Italia è l’unico che sta a guardare, mentre nel resto d’Europa comincia a formarsi subito. Non è per niente vero. Il vero problema è che lo specializzando lavora più del necessario svolgendo mansioni che non sono per niente formative. Bisogna intervenire fornendo agli specializzandi strumenti concreti per segnalare queste situazioni critiche e intervenire affinché il sistema cambi».
Voi siete d’accordo con il Decreto Calabria?
«Abbiamo espresso molte perplessità sul decreto Calabria. Viene descritto come una misura per far fronte alle emergenze ed entrare finalmente nei reparti. Ma come dicevo prima, già adesso gli specializzandi sono già in reparto».
Allora cambierà poco?
«Quello che potrebbe cambiare in realtà è lo status degli specializzandi agli ultimi anni. Col decreto Calabria gli specializzandi potranno partecipare ai concorsi da dirigente medico e avranno le responsabilità legali conseguenti. Un cardiochirurgo al penultimo anno potrà per esempio partecipare ai concorsi e assumersi responsabilità che ad oggi difficilmente sono verificabili, con tutti i rischi medico-legali che comporta.
Lo specializzando fino all’ultimo anno deve formarsi adeguatamente ed esistono carenze formative dettate da tanti parametri. Per esempio, molto spesso le rotazioni delle strutture non sono rispettate e non esistono dei sistemi di certificazione delle competenze, per cui semplicemente a volte lo specializzando viene lanciato in un reparto e gli si dice ‘tanto impari facendo’. Nulla di più scorretto, e anzi questa è la cosa che ci differenzia davvero dal resto dell’Europa. Nel Regno Unito esiste un curriculum di 350 pagine in cui c’è scritto per filo e per segno tutto quello che lo specializzando deve imparare, da noi non è così. Ed è ovvio che questo poi permette anche una estrema discrezionalità del processo di formazione perché se non so cosa devo imparare, e come, la formazione diventa molto eterogenea anche tra Scuole della stessa regione.
Nel DL Calabria altra criticità è che da una parte lo specializzando mantiene lo status di medico in formazione, dall’altro contemporaneamente diventa dirigente. Ci chiediamo concretamente come si vorrà applicare questa norma: alla mattina medico in formazione, il pomeriggio dirigente? Chi certificherà il livello di competenza, se non ci sono standard uniformi? Si dice che l’attività in reparto è proporzionale al livello di conoscenza acquisito, ma oggi non ci sono elementi per farlo. Per cui anche questa valutazione sarà estremamente discrezionale, molto eterogenea e rischia di essere spinta da altre esigenze.
Senza contare che con queste proposte di lavoro “part time” si potrebbe anche allungare il percorso di formazione specialistica perché i crediti formativi devono essere in qualche modo recuperati. Infine, la retribuzione: lo stipendio da dirigente non sarà cumulabile con quello di specializzazione, ma al contempo dovrebbe essere quello di un medico dirigente a tempo parziale. Per cui si assumerà di fatto un dirigente ma a costi inferiori. Ci sono insomma tanti aspetti non chiariti che rischiano di creare solo confusione senza migliorare davvero la situazione.
Se si vogliono risolvere le carenze di organico, la soluzione è quella di assumere stabilmente gli specialisti che ci sono, garantendo migliori condizioni lavorative e retributive, e aumentare significativamente il numero di contratti di formazione specialistica.
LEGGI ANCHE: NUMERO CHIUSO, 1800 POSTI IN PIU’ PER MEDICINA. ECCO TUTTE LE NOVITA’ E LA SUDDIVISIONE PER ATENEO
In tutto questo ora c’è la prova di specializzazione, qual è lo stato d’animo degli aspiranti specializzandi?
«Il malumore è alto. Di fronte ad una prova così importante già c’è molta ansia, ma quest’anno c’è anche molta frustrazione e molta rabbia perché per la prima volta non si sa ancora in anticipo quanti saranno i contratti a disposizione e come sono ripartiti i contratti tra le singole scuole».
Al momento ci sono solo voci…
«Ci sono numeri citati dal ministro Grillo che dicono che ci saranno circa 8mila posti, ovviamente parliamo di contratti ministeriali escludendo le integrazioni delle regioni. Non si conosce il numero effettivo dei posti totali né la distribuzione. Tanti ci stanno dicendo: facciamo un concorso senza sapere nemmeno i posti per i quali concorriamo. Ai fini pratici del concorso poco cambia, verosimilmente saranno pubblicati prima dell’assegnazione durante lo scorrimento delle graduatorie, ma è certamente percepita come una mancanza di rispetto degli aspiranti medici in formazione.