Speranza spiega che i dati hanno imposto le decisioni della Cabina di regia e ricorda la carenza di personale sanitario come vulnus principale
«Prima di entrare nel merito tecnico dell’ordinanza firmata mercoledì sera, mi preme sottolineare che questo provvedimento è in piena continuità con i principi ispiratori di quelli già adottati e dell’azione che il governo ha tenuto fino ad oggi». Il ministro della Salute Roberto Speranza ha esordito così nell’aula della Camera per l’informativa sull’ordinanza di classificazione delle Regioni. «Dalle prime misure di febbraio fino al lockdown e poi fino a questa ordinanza c’è sempre stato un filo comune che tiene insieme ogni scelta che abbiamo compiuto fin dai primissimi giorni dell’epidemia» ha proseguito.
«Questo filo che unisce tutti i nostri provvedimenti è il primato della tutela della salute e l’idea di difendere le persone e la loro vita, un principio di massima precauzione per difendere il Ssn evitando che venga travolto lasciando i cittadini indifesi e dovendo nuovamente contare un numero di vittime inaccettabile tra le persone e, purtroppo, anche tra i nostri medici e infermieri che non finirò mai di ringraziare per il contributo che danno ogni giorno al nostro Paese», ha continuato.
«Voglio essere molto chiaro, non c’è un’altra strada, la massima precauzione è una via obbligata per arginare la diffusione della pandemia sino a quando non avremo cure sempre più efficaci e poi finalmente il vaccino» è stato il primo duro riferimento alle proteste delle Regioni. Specie delle sei coinvolte nelle fasce rosse e arancioni.
«L’ordinanza – ha detto Speranza – è figlia di un lavoro lungo e i parametri sono stati condivisi con le Regioni in due sedute ad aprile. Da 24 settimane svolgiamo un lavoro proficuo e comune con le Regioni, nessuna ha eccepito né ha mostrato dissenso sui parametri». «Non può essere questo il terreno dello scontro politico – ha sottolineato -. Non possiamo avere incertezze, ma dobbiamo muoverci con determinazione. Nessuno avendo responsabilità di governo può sottrarsi a questa necessità. Il Governo si è assunto fino in fondo la sua responsabilità e l’ordinanza per me non è un merito, ma un atto dovuto».
Il ministro ha poi ribadito che dati i dati di ieri, 34mila contagi in un giorno e oltre 400 morti, è chiaro che il virus non aspetta discussioni prima di dilagare in maniera esponenziale. Ha quindi spiegato che attualmente Covid-19 circola in tutto il paese e l’assenza di zone verdi sulla cartina italiana lo dimostra chiaramente.
«Il documento da cui derivano le scelte di fondo poste alla base del Dpcm è stato redatto da un gruppo di lavoro con Iss e la stessa Conferenza delle Regioni. I dati alla base delle rilevazioni vengono dalle Regioni e vengono caricati sul database dell’Iss. La fonte dei dati sono quindi le Regioni».
«In tutte le fasi del nostro lavoro – insiste Speranza – c’è stato il pieno coinvolgimento delle istituzioni scientifiche cosi come delle Regioni. I criteri di monitoraggio su 21 parametri sono stati condivisi con le Regioni in due incontri, e da 24 settimane i parametri di riferimento vengono utilizzati senza che mai le Regioni abbiano portato obiezioni», ha aggiunto.
«Lo spirito con cui ci muoviamo è l’esatto opposto di uno spirito punitivo nei confronti delle regioni. La mia ordinanza è conseguenza automatica dei dati elaborati. Non ci sono trattative, ma semplicemente scambi di dati e informazioni. È finalmente possibile intervenire proporzionalmente alla reale condizione delle regioni, senza stressare con misure uguali territori che si trovano in condizioni differenti. Si dà certezza al Paese con misure predefinite a seconda dell’indice di rischio e dello scenario Rt. Avendo una radiografia puntuale delle condizioni di ciascuna area, si offre un utile strumento di analisi alle regioni per monitorare il loro lavoro».
Il ministro ha concluso parlando delle cause che hanno portato alle difficoltà del Sistema sanitario nazionale. Prima di tutte la carenza di personale. Perché, ha spiegato, «un respiratore, una mascherina si possono comprare. Un medico, un anestesista, un infermiere non si comprano al mercato e non si possono improvvisare. Ci vogliono anni di formazione e investimento e dobbiamo avere il coraggio di dire questa verità».
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