L’associazione, fondata nel 1968 da Eunice Kennedy Shrive, conta in Italia 18mila atleti e 8mila volontari. Alla base non c’è l’agonismo ma una filosofia educativa. La responsabile Area Salute Alice Volpini: «Con gli screening online seguiamo l’atleta non solo nel suo percorso sportivo ma anche nel suo percorso di salute»
“Che io possa vincere, ma se non riuscissi che io possa tentare con tutte le mie forze”. Non sono parole del fondatore dei moderni giochi olimpici Pierre De Coubertin ma è il motto di Special Olympics, organizzazione mondiale che accoglie atleti con disabilità intellettiva e non solo. Lo spirito è quello dello sport che, attraverso il suo linguaggio universale, unisce, accoglie ed include. Non si tratta però di un alter ego del Comitato Paralimpico perché diverse sono le filosofie alla base: l’una agonistica, l’altra invece mossa da finalità educative.
Fondato nel 1968 da Eunice Kennedy Shriver (sorella di Bob e John Fitzgerald Kennedy, oltre che di Rosemary che aveva una disabilità intellettiva), oggi Special Olympics è la più grande organizzazione sportiva al mondo per le persone con disabilità intellettiva: con più di 5 milioni di atleti in 174 paesi e più di un milione di volontari. In Italia gli atleti Special Olympics sono oltre 18mila, i volontari 8mila. Numeri da capogiro che tuttavia da soli non bastano a descrivere il successo di un movimento che offre a queste persone la concreta possibilità di sviluppare abilità e attitudini che altrimenti non potrebbero venire fuori.
«Disabilità nell’accezione comune sembra in qualche modo definire una persona a cui manca qualcosa – spiega Giampiero Casale, Responsabile Comunicazione Special Olympics Italia -. Poi ci rendiamo conto che quello che è importante non è sottolineare quello che a ognuno di noi manca ma più che altro evidenziare quelle che sono le capacità. Gli atleti ce lo insegnano ogni giorno: lo sport inteso non come mera ricerca della vittoria ma come percorso di crescita nel poter affrontare le proprie difficoltà. Quindi la possibilità in qualche modo di crescere attraverso l’acquisizione di una maggiore consapevolezza di sé stesso, di superare quelle che possono essere le proprie paure e i propri limiti».
L’emergenza Covid ha fortemente limitato l’attività sportiva dell’associazione che comunque ha trovato nuova linfa vitale online. Lo scorso maggio si sono disputati gli Smart Games: gli atleti si sono potuti cimentare in 18 sport differenti con appositi esercizi elaborati e adattati al contesto dallo staff tecnico nazionale di disciplina e messi a disposizione su una Playlist Youtube. E sempre online si svolgerà il programma di screening che partirà alla fine di marzo: attraverso una piattaforma digitale l’operatore sanitario e l’atleta dialogheranno attraverso un questionario specifico.
«Proprio per cercare di rimanere vicini ai nostri atleti abbiamo mantenuto l’attività di screening, declinandola online – spiega Alice Volpini, Podologa e Responsabile Area Salute Special Olympics -. Si tratta di attività strutturate su quelle che erano le attività che facevamo durante i nostri giochi nazionali invernali ed estivi. Strutturiamo queste visite online attraverso questionari al termine dei quali rilasciamo un piano terapeutico da dover seguire. Il connubio che cerca di creare Special Olympics tra salute e sport è seguire l’atleta non solo nel suo percorso sportivo ma anche nel suo percorso di salute. Mantenere e monitorare quelli che sono i miglioramenti che i nostri direttori clinici per ogni tipo di programma cercano di dare».
Sono sette i programmi salute in corso: podologico Fit Feet, fisioterapico Fun Fitness, nutrizionale Health Promotion, audiologico Healthy Hearing, oculistico Opening Eyes, dentale Special Smiles, psicologico Strong Minds. Tanti i professionisti sanitari che collaborano con l’associazione.
«Spesso gli atleti sono persone con fragilità che hanno difficoltà ad uscire da casa in questo periodo Covid – conclude Volpini -. Garantire un’attività sanitaria di screening e di educazione alla salute è una cosa che permette loro di evitare di avere problematiche relative anche alla sedentarietà».
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