Con il via libera degli enti regolatori, l’approccio clinico basato sulle terapie cellulari può iniziare. Dominici: «Un confronto su cellule staminali prese da fonti diverse all’interno dello stesso studio clinico non è mai avvenuto al mondo. Ci aspettiamo di avere risultati per nuove terapie anti Covid-19»
Potenti antinfiammatori contro il Covid-19, capaci di spegnere “l’incendio” provocato dalla malattia e riparare i tessuti danneggiati. L’auspicio, infatti, è che una volta infuse negli organismi dei malati possano rivelarsi decisive per contrastare l’infiammazione causata dal Sars-Cov-2 così come sono efficaci nell’aggredire le malattie oncologiche ed ematologiche. Una sfida importante e un campo di esplorazione nuovo per le cellule staminali: dai laboratori dell’azienda ospedaliero-universitaria di Modena a breve partirà una sperimentazione clinica controllata che coinvolgerà i maggiori centri italiani di terapie cellulari.
«Ci occupiamo di terapie cellulari da anni in Italia – dichiara a Sanità Informazione il direttore del progetto e della Struttura Complessa di Oncologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena Massimo Dominici –. Lo scorso maggio abbiamo messo insieme le forze tra colleghi nel tentativo di proporre un trattamento efficace per la polmonite da Covid-19 e non solo. Abbiamo chiesto l’autorizzazione all’Iss, all’Aifa e allo Spallanzani. È appena arrivato il via libera ufficiale dai tre enti regolatori e siamo contenti di riuscire a partire – aggiunge soddisfatto -. È la prima volta che le strutture di terapie cellulari avanzate si mettono in rete di fronte a un evento così catastrofico».
L’infezione da Sars-Cov-2 causa una forte infiammazione nell’organismo del paziente che lo porta in terapia intensiva per un crash del sistema respiratorio e a volte, purtroppo, alla morte. Per curare questa malattia subdola e spesso imprevedibile si utilizzano vari farmaci ma attualmente non esiste nessuna terapia sicuramente efficace per battere il Sars-Cov-2. Ma nella guerra al Covid-19, la scienza ha oggi a disposizione una nuova arma che ci auguriamo possa sconfiggerlo.
«Una serie di studi clinici pubblicati all’estero, ricordo il più recente del professor Ricordi, ha dimostrato che l’uso delle cellule mesenchimali, in questo caso staminali cordonali, raddoppia la sopravvivenza, cosa che nessun farmaco riesce a fare» spiega il professor Dominici.
«Altri dati sorprendenti sono stati raccolti in Cina durante l’emergenza. Le cellule staminali sono in grado di abbassare le citochine infiammatorie dei pazienti con forme gravi in modo rilevante; cercheremo di capire anche noi se questo possa funzionare. Un confronto su fonti diverse all’interno dello stesso studio clinico – sottolinea – non è mai avvenuto al mondo».
Alla base dello studio in questione, c’è l’idea di utilizzare le cellule staminali su una sessantina di pazienti arruolati in tutte le strutture con l’obiettivo di valutare la sicurezza e l’efficacia della terapia.
Le cell factory coinvolte sono a Monza, Milano, Vicenza, Modena e Firenze. «Una squadra importante – la definisce Dominici – con i migliori centri italiani al centro del progetto di ricerca: oltre al professor Clini, pneumologo dell’università di Modena, il professor Peris del Careggi di Firenze, il professor Stocchetti dell’Ospedale Covid di Milano Fiera, il professor Bellani del San Gerardo di Monza, la professoressa Ciccociocco dell’azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona, prendono parte allo studio anche l’ospedale Meyer, il Policlinico Irccs Ca’ Granda di Milano e l’azienda ospedaliera di Vicenza».
La sperimentazione partirà a breve in tutte le aziende e gli ospedali coinvolti: «Il protocollo clinico prevede l’infusione di cellule mesenchimali stromali prese da fonti diverse – evidenzia Dominici -. È la prima volta in Italia che si fa un confronto tra fonti di cellule prese da midollo osseo, tessuto adiposo e cordone ombelicale. È uno studio che valuta la sicurezza dell’approccio su un numero limitato di pazienti, una sessantina, arruolati tra quelli con forme acute prima di un’eventuale incubazione».
Sei mesi per rendersi conto dei risultati. «Ci sono 80 studi clinici al mondo che utilizzano cellule mesenchimali stromali e in Europa ci sono attivi 14 studi. Vogliamo far presente che ci sono biotecnologie legate alle cellule al servizio della salute pubblica e ci aspettiamo di risultati per nuove terapie anti Covid-19».
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