«Nella gestione dell’epidemia fondamentale la ricerca ma anche la filiera di formazione e informazione a tutti i livelli del sistema sanitario»
La ricerca, la formazione e un nuovo ruolo professionale che il ricercatore è chiamato a rivestire alla luce dei moderni modelli di sviluppo del settore sono stati al centro della discussione durante gli Stati Generali della Ricerca organizzati dall’Ordine Nazionale dei Biologi e tenutisi presso il Ceinge di Napoli. Ma a suggello della giornata dedicata alla ricerca e ai ricercatori, l’encomio solenne conferito alla dottoressa Maria Rosaria Capobianchi, ricercatrice e direttrice del laboratorio di Virologia dell’IRCCS Lazzaro Spallanzani di Roma, a capo del team al femminile che di recente ha isolato il Coronavirus Covid-19. Proprio la dottoressa Capobianchi ha dichiarato ai nostri microfoni che «la ricerca non è qualcosa che rende nell’immediato, ma è una ricchezza inestimabile che permette di seminare e raccogliere risultati tangibili» e aggiunge, sull’importanza della formazione per il personale sanitario che si trova a fronteggiare in prima linea emergenze come l’attuale epidemia di coronavirus, che «essere sempre sul pezzo è un caposaldo imprescindibile: ogni volta che c’è un’emergenza si attiva tutta una filiera di formazione e informazione portata avanti da un lato da chi fa ricerca e dall’altro dalle strutture sanitarie territoriali, queste ultime cruciali nel diffondere capillarmente l’aggiornamento e le informazioni anche di ordine pratico a tutti gli operatori del sistema salute, penso ad esempio ai medici di famiglia, i presìdi, le Asl e così via». E quando chiediamo a lei, che ha guardato letteralmente in faccia il nemico, nella fattispecie il Covid-19, cosa possiamo aspettarci sugli sviluppi di questa epidemia, ci risponde con una citazione: «Voglio essere ironica e risponderle con un verso di una canzone di Battisti: ‘lo scopriremo solo vivendo’. A parte le battute, ci sono ancora molti aspetti che non conosciamo. Avere isolato il virus è un tassello, un punto di partenza per allestire tutta una serie di strumenti diagnostici, terapeutici, ma anche di prevenzione e, non ultimo, di previsione di quella che sarà la traiettoria futura del virus».
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Scopo della giornata era ripensare il percorso di inquadramento, di carriera ma anche di retribuzione superando vecchi schemi e circoli viziosi appare oggi necessario per far fronte alle sempre nuove sfide di sanità e salute che si impongono ogni giorno all’attenzione della comunità scientifica. Uno sforzo richiesto al mondo accademico, istituzionale e imprenditoriale nell’ottica di restituire nuovo appeal alla professione di ricercatore ed evitare la diaspora, l’emorragica fuga di cervelli nostrani all’estero. Punti sottolineati tutti dal Presidente dell’Ordine dei Biologi, il senatore Vincenzo D’Anna, durante il suo intervento: «I ricercatori in Italia soffrono di un evidente stato di disagio, dovuto anche al fatto che spesso, a livello professionale, questi vengono raggruppati in un’unica e indistinta categoria, con un inquadramento retributivo e giuridico molto più basso di quello che spetterebbe loro. Non abbiamo la bacchetta magica – continua D’Anna – per risolvere le problematiche relative alla categoria, ma di certo l’iscrizione al proprio ordine professionale è fondamentale, e deve esserci una meticolosa ripartizione di competenze per non sfociare in una dannosa evanescenza professionale. Ad oggi, ad esempio, ci sono ben 70mila laureati in biologia non iscritti all’ordine. Assumere i biologi e pagarli come tecnici è una pratica diffusa che deve assolutamente essere debellata: i biologi fanno ormai parte delle professioni sanitarie, e questo concetto va di pari passo con la battaglia che stiamo conducendo per rivalutare tutta la categoria dei ricercatori. Ribadisco – conclude il presidente dell’ONB – che sull’inquadramento professionale dei ricercatori deve valere il tipo di abilitazione».
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