Giovane e sano ha scoperto per caso di avere Covid-19. Andrea racconta la paura degli asintomatici dell’accusa di essere “untori” e il suo secondo lockdown
Questa storia Andrea (nome di fantasia) proprio non vuole raccontarla. Teme di essere giudicato, pur avendo agito in maniera inconsapevole. La sua è una delle tante vicende che contribuiscono giornalmente al numero di casi di Covid-19 riportato dalle istituzioni, ma che solo di recente hanno cominciato ad essere distinte dai contagi ordinari.
Andrea è un paziente asintomatico in maniera totale. Non ha mai avuto una linea di febbre e si è sempre sentito energico. È molto giovane e sano, ed è certamente per questo che il suo corpo ha risposto in modo così pronto all’infezione da Sars-CoV-2. Non aveva il minimo sospetto di essere positivo prima di fare il test sierologico endovena e poi il tampone.
Non lo sapeva e si è quindi comportato di conseguenza. Mantenendo le distanze e indossando la mascherina, Andrea è uscito di casa come tutti non appena si è potuto, rivedendo qualche amico o svolgendo qualche attività. Ora tutte le persone che ha incrociato nelle ultime settimane sono state avvertite e lui teme di essere accusato di averle contagiate, anche se per ora nessuno ha mostrato sintomi.
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La scelta di fare il test sierologico è nata dal desiderio della famiglia di partire per una piccola vacanza in un’altra regione italiana in sicurezza. I quattro membri si sono sottoposti all’esame in una clinica privata e due di loro, Andrea e suo padre, sono risultati positivi con infezione ancora in corso. Nessuno dei due ha riportato sintomi, se non una leggera emicrania da parte del padre. Ora però sono in quarantena e tengono a distanza anche il resto della famiglia, con cui fino a poco tempo fa vivevano in comunione anche i pasti.
La vacanza ovviamente è saltata ed è iniziato un nuovo lockdown. «Non sono preoccupato per me – racconta – anzi sono felice di averlo saputo. Però temo il giudizio degli altri, di essere accusato di un comportamento irresponsabile anche se io ho seguito le regole finché è stato necessario e non ho mai avuto sintomi». Anche per questo ha difficoltà a rivelare la sua provenienza, nonostante tutti i suoi contatti siano stati avvertiti. «Sono ancora stupito di essere positivo. Pensavo a Covid-19 come qualcosa di lontano da me, sono sempre stato benissimo».
È un vero e proprio senso di colpa quello che sente Andrea. Una sensazione che accomuna molti asintomatici che scoprono per caso di essere malati, specie ora che uscire non è più un limite. «Ho rivisto anche i miei nonni – aggiunge lui –, ma sono stato molto a distanza. Faranno il sierologico anche loro e spero tanto non abbiano nulla, non potrei sopportarlo».
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Come sia potuto avvenire il contagio, Andrea non riesce proprio a immaginarlo. Lavora in smart-working da mesi in casa e, che lui sappia, non ha mai incrociato un positivo. Eppure la malattia è lì, chiaramente segnalata dal risultato del test. «Quello che ho capito di questo virus – aggiunge – è che è subdolo e, anche prendendo tutte le precauzioni, puoi essere sfortunato. Da questo punto di vista il sierologico è stato utilissimo e lo consiglierei mille volte a chi deve spostarsi da una zona con tanti contagiati».
Ha un solo rammarico: «Confesso, non avevo ancora scaricato l’app Immuni. In realtà non ne capivo l’utilità. Ora però è diventata molto chiara per me, quindi l’ho fatto subito. Se l’avessi avuta prima avrei potuto avvertire anche persone con cui sono venuto in contatto inavvertitamente e che non conosco, mi dispiace molto».
Ora Andrea spera di guarire il prima possibile, i medici che lo hanno visitato gli hanno detto di stare tranquillo. Ma nella sua testa non si spegne quella sensazione di non aver fatto abbastanza. «Spero trovino un vaccino il prima possibile – conclude – io ho già deciso, se avrò anticorpi abbastanza forti donerò il plasma, voglio aiutare ora più che mai».
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