Il fenomeno è in aumento, amplificato dall’iperconnessione che continua a caratterizzare il post pandemia. I consigli della psicologa
Concedersi un’ora di svago e relax, al termine della quale riprendere il proprio smartphone, e trovare decine e decine di notifiche di messaggi whatsapp in altrettanti gruppi: lavoro, casa, scuola dei figli, amici del calcetto, compagni di classe del liceo. Per la maggior parte di noi la scena è all’ordine del giorno, e per alcuni tutto ciò è fonte di stress e ansia. Ansia di dover rispondere velocemente, ansia se il nostro destinatario non fa altrettanto, ansia perché il rischio di fraintendimento, col mezzo scritto, è sempre dietro l’angolo. Di conseguenza, anche per gli psicologi lo “stress da gruppo whatsapp” è una fattispecie che diventa sempre più familiare. Proprio per questo motivo, abbiamo approfondito la questione con la dottoressa Natalia L. Perotto, psicologa e psicoterapeuta dell’Ordine degli Psicologi del Lazio.
«È vero – afferma Perotto – ci sono diversi aspetti caratteristici dei gruppi whatsapp che sono fonte di stress: l’iperconnessione, l’ansia di dover rispondere sempre e velocemente alle richieste altrui, in una modalità che spesso non corrisponde né ai nostri tempi né ai nostri bisogni. Quando abbiamo molti gruppi e molto numerosi, la situazione peggiora, e diventa difficile mantenere la concentrazione sia sulle dinamiche del gruppo sia sulle altre nostre occupazioni quotidiane. Insomma, da un lato abbiamo l’iperconnessione e dal’altro la richiesta di essere sempre presenti, con la costante distrazione da ciò che sono i nostri impegni quotidiani».
«Le famose spunte blu di whatsapp – osserva Perotto – che indicano che il nostro interlocutore ha letto il nostro messaggio, aggiungono un ulteriore elemento. Dal lato del mittente ci si aspetta una risposta in tempi brevi, dal lato del destinatario c’è la consapevolezza di questa aspettativa ma, spesso, l’indisponibilità a rispondere rapidamente per qualsivoglia motivo. C’è in sintesi la ricerca di una risposta immediata attraverso un mezzo che invece è mediato, e anche questo è fonte di stress. Uno degli elementi più utili e veloci se abbiamo bisogno di un confronto immediato – dice la psicologa – resta il telefono, che ci permette di interloquire direttamente con la persona».
«Durante la pandemia è emerso fortemente il tema dello stress da iperconnessione – prosegue Perotto – e non è tanto il mezzo quanto il modo in cui li gestiamo, dalla frequenza delle notifiche che è chiaramente legato al numero dei gruppi di cui facciamo parte. Il carico di stress maggiore in questo senso è sicuramente attribuibile ai gruppi whatsapp di lavoro che, complice lo sdoganamento dello smartworking, sono aumentati moltissimo. Il rischio – spiega – è di non avere più una zona franca, una linea di demarcazione tra lavoro e vita privata da non oltrepassare. In questo ambito è particolarmente importante che il datore di davoro dia delle regole ben chiare all’interno del gruppo».
«Fare gruppi di massimo 4/5 persone – suggerisce la psicologa – ma se è impossibile e ci ritroviamo parte di un gruppo più numeroso dare delle regole di buona gestione del gruppo, con obiettivi chiari e così da non dare vita a flussi infiniti di messaggi che nulla apportano allo scopo originario del gruppo. Per chi fa parte di molti gruppi a volte silenziare le notifiche può essere molto utile così da recuperare i messaggi solo quando si avrà tempo a disposizione senza farsi prendere dall’ansia di rispondere a tutti, ma solo alle questioni più urgenti. E – conclude – è sempre bene ripeterlo, in molti casi una telefonata è la scelta migliore».
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