Nel testo della risoluzione presentata in Commissione Affari Sociali l’idea di vietare l’utilizzo dei personaggi dei cartoon e delle trasmissioni televisive per promuovere il cibo ad alto contenuto di grassi, zuccheri e sale. E poi l’ipotesi di etichette che indichino il rischio obesità
Una risoluzione per impegnare il governo a combattere l’obesità infantile e a puntare con decisione sulla prevenzione. L’ha presentata il gruppo del Movimento Cinque Stelle in Commissione Affari Sociali alla Camera e vede come prima firmataria la deputata Celeste D’Arrando. Un testo incisivo che, sul modello di due analoghe iniziative dell’OMS (una del 2010 e una del 2016), chiede interventi forti in materia considerando che l’obesità rappresenta uno dei principali problemi di salute nel mondo e il nostro Paese non fa eccezione, nemmeno sul fronte dell’obesità infantile.
L’obiettivo è la prevenzione: si chiede, ad esempio, di intervenire affinché i luoghi dove è alta la presenza di bambini (asili, scuole, parchi giochi, cliniche della famiglia e del bambino e dei servizi pediatrici, ecc.) siano liberi da ogni forma diretta ed indiretta di commercializzazione e di pubblicizzazione di alimenti con grassi saturi, acidi grassi, zuccheri e sali liberi. Oppure misure sul fronte del marketing pubblicitario, come l’idea di assumere iniziative volte a vietare l’utilizzo dei personaggi dei cartoon e delle trasmissioni televisive per promuovere il cibo ad alto contenuto di grassi, zuccheri e sale. E poi l’ipotesi di riportare nelle confezioni dei prodotti destinati ai più giovani e nelle bevande zuccherate etichette o scritte che indichino il rischio di obesità associato al consumo squilibrato dello zucchero (saccarosio, fruttosio e sciroppo di glucosio e fruttosio) in esso contenute e iniziative volte a disincentivare presso i produttori l’utilizzo dell’olio di palma o palmisto come ingrediente nelle preparazioni alimentari, in vista di una sostituzione con oli che non siano nocivi per la salute e per l’ambiente. La meta è arrivare ad un acquisto consapevole da parte delle famiglie e ridurre l’impatto sui bambini della commercializzazione di alimenti ricchi di grassi saturi, acidi grassi, zuccheri e sali liberi. E, in prospettiva, resta l’ipotesi della ‘sugar tax’, la tassa sulle bevande zuccherate, già presente in alcuni paesi. «Già nella scorsa legislatura abbiamo proposto di introdurre limiti all’utilizzo di zucchero nei prodotti destinati ai più giovani e di apporre sulle bevande etichette o scritte che indicassero il rischio di obesità», spiega a Sanità Informazione la deputata Celeste D’Arrando.
Onorevole D’Arrando, la lotta all’obesità, soprattutto quella infantile, sembra un po’ aver perso slancio negli ultimi anni. La vostra risoluzione sembra andare a colmare questo vuoto. Come pensate di ridurre l’impatto sui bambini della commercializzazione di alimenti ricchi di grassi saturi, acidi grassi, zuccheri e sali liberi?
«Già nella scorsa legislatura il MoVimento 5 Stelle ha portato l’attenzione sul tema dell’alimentazione per prevenire l’obesità infantile. Anche all’interno del nostro programma abbiamo sottolineato quanto fosse importante contrastare l’obesità infantile con azioni educative scolastiche, volte alla promozione di stili di vita attivi attraverso il movimento e l’attività fisica quotidiana, e con percorsi mirati all’educazione per un’alimentazione sana, corretta e sostenibile per l’ambiente. Proprio per questo, con la risoluzione che discuteremo giovedì in commissione chiediamo al Governo di impegnarsi in campagne di sensibilizzazione e in azioni concrete, come ad esempio la sostituzione, all’interno dei distributori automatici nelle scuole, di cibi e bevande ad alto contenuto di zuccheri e grassi saturi con cibi sani: frutta, verdura, bevande senza zuccheri e succhi di frutta nettare. Altre azioni in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione potrebbero essere inserite all’interno delle scuole, come l’educazione alimentare con il supporto di specialisti del settore. Importante sarebbe anche agire per ridurre il marketing e la commercializzazione del cibo spazzatura tra i più piccoli».
Nella risoluzione si parla di assumere iniziative volte a vietare l’utilizzo dei personaggi dei cartoon e delle trasmissioni televisive per promuovere il cibo ad alto contenuto di grassi, zuccheri e sale. Pensa che possa essere una strada praticabile? Come?
«In realtà si tratta di un’iniziativa già proposta in altri Paesi. Ad esempio nel Regno Unito il Parlamento sta lavorando all’aggiornamento del Piano contro l’obesità e tra le azioni individuate ci sono il divieto di utilizzare dei personaggi dei cartoon e trasmissioni televisive per promuovere il cibo spazzatura, il divieto di pubblicizzare junk food in tv fino alle 21 e una comunicazione che si concentri su stili di vita sani, piuttosto che usare un linguaggio stigmatizzante dell’obesità. È un’altra opzione, ma sicuramente più complessa rispetto a quelle che stiamo indicando ora al governo».
Tra le proposte quella di mettere l’etichetta sul rischio obesità su alcuni prodotti. C’è anche chi, come l’Oms, propone la cosiddetta ‘sugar tax’ sulle bibite zuccherate. Voi sareste favorevoli?
«La strada indicata dall’OMS rispetto all’adozione di norme come la “sugar tax” è stata intrapresa da moltissimi Paesi. Uno dei primi è stato il Messico, che nel 2014 ha introdotto una sugar tax di un peso al litro sulle bibite zuccherate. A seguire anche Norvegia, Stati Uniti e Sudafrica. In Europa al momento solo Regno Unito e Irlanda hanno applicato la “sugar tax”, con lo scopo che i produttori riducessero i livelli di zucchero all’interno delle bevande. È interessante notare che nel Regno Unito, prima dell’entrata in vigore della tassazione, molte aziende produttrici hanno ridotto il contenuto di zucchero nelle loro bevande proprio per evitare di dover pagare la nuova tassa. Già nella scorsa legislatura il MoVimento 5 Stelle ha presentato diversi atti sul tema, come anche la mozione poi approvata alla Camera. Anche allora chiedevamo al governo di introdurre limiti all’utilizzo di zucchero nei prodotti destinati ai più giovani e di apporre sulle bevande etichette o scritte che indicassero il rischio di obesità».